10 novembre 2008

DIEGO VOLPE PASINI E LE DONNE



Se c’è una cosa che emerge chiara dalla vicenda di Diego Volpe Pasini, consigliere comunale e animatore politico finito in carcere per non aver ottemperato a suo tempo all’obbligo dell’assegno di mantenimento al figlio è che, nel tempo, questo vispo ragazzo un pò fanèe ha maturato rapporti, conoscenze e informazioni tali da renderlo, agli occhi di molti, “pericoloso”.

Per “pericoloso”, nel linguaggio della politica, si intendono quei tizi che, vuoi per carattere (solitamente narcisismo) o convenienza, dispongono della straordinaria capacità di far passare per manifestazioni di libertà e/o verità (diritto di cronaca se riescono a confezionare un qualsivoglia mezzo di comunicazione) la sistematica denigrazione del prossimo: avversari, alleati, parenti, conoscenti e amici, rom e marocchini.

Le province, soprattutto quelle ai confini degli imperi, sono piene di individui che passano con grande rapidità dalle stelle alle stalle, da destra a sinistra, e che tengono sotto tutela intere classi politiche terrorizzate all’idea di entrare nel loro temutissimo mirino.

Il Volpe Pasini in questione (non quello che di tanto in tanto si è presentato alle elezioni, quello è il fratello: vero plot da cartoons con Pippo e Pluto) che è sveglio come pochi, ha fatto propria l’arte – nel suo caso lo è davvero – della comunicazione: si è incatenato ai parcometri, si è battuto contro gli zingari, contro le prostitute, contro gli immigrati, non è stato – lo si è letto sui giornali - un ottimo esempio di buona amministrazione per le sue aziende, ha avuto qualche incidente stradale (e chi non lo ha?), è in stretti rapporti con l’ufficio delle imposte e, complessivamente, si può dire che gestisca il denaro con una nobile disinvoltura (ah! come lo capisco!). Insomma, una vita, per noi di provincia, un po’ spericolata con una certa propensione al pubblico spettacolo.

E’ approdato al comune di Udine (il mantra “teniamocelo buono” serpeggia da sempre nella sinistra bacchettona e la destra la insegue pedissequamente) con una carica creatagli ad hoc (responsabile? addetto? delegato? alla sicurezza) avvicinandolo così al suo sbandierato obiettivo di essere eletto un giorno sindaco e, per quanto mi riguarda, avere un sindaco che sa fare un baciamano comme il faut a una signora non è cosa da liquidarsi con un paio di battute.

La vita spericolata (appena un po’ sopra le righe) ha comportato anche l’obbligo a mantenere il figlio. Solite cose, si dirà: il mondo è pieno di coppie che si separano e poi litigano sugli alimenti.

Nel suo caso, però, l’ex signora Volpe Pasini non deve averla presa troppo bene quando ha scoperto l’insolvenza. E così, per rivendicare il diritto del rampollo, tanto ha fatto da trascinarlo in tribunale. Cosa che, inutile dirlo, capita alle ex mogli con una certa frequenza. Sono seguite, c’è da supporre, lettere da parte di avvocati, pentimenti, spiegazioni, scuse, convocazioni in tribunale. Niente di nuovo sotto il sole delle tante coppie rimaste a corto di argomenti. Che la macchina della giustizia sia piuttosto farraginosa lo sanno tutti ma, solitamente, prima di far eseguire una condanna definitiva come la detenzione in carcere, gli avvocati, confortati dalla solvibilità del loro cliente, presentano appelli e mettono i tribunali a ferro e fuoco tant’è che non si può dire che le patrie galere pullulino di padri assenteisti.

Qualcosa si è inceppato nel meccanismo della giustizia se Volpe Pasini è stato tradotto (che termine orribile!) in carcere munito di libri (non c’è snob al mondo che non veda nella casa circondariale la sede in cui “finalmente” dedicarsi full time alle buone letture) e fotografo al seguito. Se ben ricordo c’è un istituto giuridico, che si chiama condizionale, che consente ai condannati non recidivi di beneficiarne (il che equivale a non andare in carcere) e di evitare traumi che, come in questo caso, diventano pubblici.

L’improvvida circostanza che a questo arresto si sia accompagnata l’anticipata scarcerazione, da qualche parte d’Italia, di un pluriomicida, ha legittimato la classe politica locale e la stampa (quelle stesse che sulla pericolosità del Nostro sono sempre stati piuttosto concordi) a gridare all’ingiustizia.

Il refrain che ormai è arrivato all’opinione pubblica è: non è giusto che un assassino torni libero dopo solamente una decina d’anni mentre un onesto cittadino e persino pubblico ufficiale (!) che ha SOLAMENTE evitato di pagare il mantenimento di suo figlio finisca in carcere.

Quel SOLAMENTE è un sonoro schiaffo morale alle migliaia di donne separate che ogni mese e talvolta per anni e anni devono combattere con mariti latitanti che invocando, scusandosi, battendosi il petto, ostentando redditi zero, giurando che non lo faranno mai più o semplicemente ignorando il problema, cambiano le carte in tavola e non sganciano, per i figli, nemmeno un cents.

Per costoro i figli sono stati un errore di gioventù, un incidente di percorso da invitare eventualmente a Natale o da portare talvolta in gita pensando che non è affar loro ma delle madri pensare al loro sostentamento economico ed educazione.

Il “caso” Volpe Pasini ha talmente enfatizzato questo aspetto che dei distinti signori, fino a ieri intenzionati a passare gli alimenti ai figli della famiglia precedente, stanno seriamente considerando di soprassedere all’impegno essendo ormai evidente si tratti di un “piccolo” reato.

In fondo che male c’è a lasciare un figlio senza alimenti? Com’ è possibile finire in carcere per quella che potrebbe essere una semplice dimenticanza?

Mi spiace per Volpe Pasini. Mi spiace perché è un vero peccato che una persona, soprattutto se benestante – lo hanno scritto i giornali, i blog e via dicendo -, conosca il clima tetro di una cella.

Ma mi spiace soprattutto per le donne che in questo caso hanno taciuto. Anche quelle che di solito si scatenano per molto meno. Il divorzio e l’aborto sono diritti acquisiti dopo urla e barricate, culturali e non. Il dovere per un uomo divorziato a mantenere il figlio è sancito dalla legge e una donna ha il diritto di esigere la corresponsione di quanto stabilito da un tribunale della Repubblica.

Questo episodio poteva essere un modo per sottolineare la necessità di rispettare un diritto. Si è invece trasformato in un una farsa di provincia in cui prevale la necessità dell’equilibrismo, l’equidistanza, perché con i “pericolosi”, quelli che non si sa mai che colpo in canna ci riservino, è meglio essere prudenti. Chissà di quali dossier o gossip o lancinanti verità dispongono! Per sicurezza (!) meglio tenerseli buoni.

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