19 dicembre 2009

Ospedale di Udine: il mistero del reparto che non c'è


E' singolare che sul sito web dell'Ospedale di Udine non risulti il reparto di Cure Palliative che è fisicamente contiguo a Oncologia Degenze al terzo piano. Sembra quasi che si tratti di uno spazio invisibile e, in quanto tale, attivabile o disattivabile a piacimento così come effettivamente accade.
E' quindi parte integrante del reparto di Oncologia? E se lo è, è concepibile chiuderne, di tanto in tanto, una parte? Forse si pensa che per farne un reparto basta metterci un cartello ed è per questo che a un ammalato, spostato dall'area cure palliative (chiuse pochi minuti dopo) a una stanza di oncologia, è stato messo di fretta e furia sulla porta un miserevole foglio con la sigla ACP (Area Cure Palliative). Tutto questo contraddice con il concetto stesso di cure Palliative che non equivalgono, ad esempio, alle terapie del dolore. La conclusione è che nell'Ospedale di Udine non c'è UFFICIALMENTE un Reparto cure Palliative. E allora, bisognerebbe chiedersi, chi e perchè viene messo in quell'ala del reparto di oncologia? Quali sono i criteri di accoglienza? Ci sono delle regole che stabiliscono chi può essevi ammesso e chi no? Chi è autorizzato a fare queste scelte?
Chi è responsabile di quell'area? E' pagato in quanto tale?

http://www.ospedaleudine.it

Si chiude ancora il reparto cure palliative dell'Ospedale di Udine


L’arcivescovo mons. Mazzocato, ha visitato l’Ospedale di Udine dove ha sottolineato come questo debba essere il luogo in cui “passa la frontiera della difesa della dignità della persona. Un valore non negoziabile questo, perché ognuno di noi è il perno che sostiene la civiltà e la qualità del vivere civile”. Chissà se è stato anche scortato nel Reparto cuore palliative e gli è stato detto che quello è un optional che si apre e si chiude a seconda della presenza o assenza di medici e infermieri. Chissà se è stato informato che degli ammalati terminali saranno mandati a casa perché, come nelle scuole e nelle fabbriche, il reparto chiuderà per ferie così come era avvenuto la scorsa estate quando la chiusura si era protratta per due mesi. Forse gli è stato detto, con una buona dose di malafede, che la chiusura è considerata un “regalo” ai pazienti e ai famigliari che così potranno trascorrere “serenamente” le feste di Natale. Omettendo, ritengo, che ci siano famiglie che in questo modo vivranno un’ulteriore tragedia nelle tragedie e ammalati che vogliono solo restare in pace e non costretti a trasferte in ambulanza verso destinazioni non attrezzate, tecnicamente e psicologicamente, ad accoglierli. Lo stesso Papa la scorsa settimana ha parlato del valore delle cure palliative spiegando come “la prevalente mentalità efficientistica tende spesso a emarginare gli ammalati terminali ritenendoli un peso e un problema per la società” aggiungendo l’importanza delle strutture “che pongono al centro del proprio impegno la cura e l’accoglienza premurosa dei malati e dei loro familiari, in consonanza a quanto insegna la Chiesa, la quale, attraverso i secoli, si è sempre mostrata come madre amorevole di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito”. Da quando la stampa ha dato notizia della prossima chiusura del reparto dell’ospedale di Udine per le feste natalizie, nessuna voce si è alzata a protestare, a contestare, a mettere in discussione una scelta che relega le cure palliative tra gli interventi voluttuari. Bisogna riflettere su questa assenza della politica e della cultura che suggerisce la salute, in quanto istituzione, un ambito intoccabile. Ci vorrebbe un po’ più di coraggio ma, e chi governa la materia ben lo sa, questo è un tema che è più opportuno eludere perché un giorno potrebbe essere vantaggioso a noi o ai nostri cari, essersi dimostrati compiacenti e concilianti. Dignità dell’ammalato e della sua famiglia, efficientismo pericoloso, solidarietà, risuonano ormai solamente tra gli uomini di fede. E, come spesso accade a questa categoria, il più delle volte, inutilmente.




Vanno meglio le cose in Puglia:

15 dicembre 2009

CON(SENSO) (IN)FORMATO

Questo è il testo che avrebbe dovuto essere pubblicato questa settimana:

S
e riuscissi ad uscire da quest’angolo usando l’uscita di destra cadrei da questa pagina. Se mi buttassi sulla sinistra finirei in territorio altrui e sicuramente abbattuta dal fuoco amico. Dovendo restare qui, quasi quasi spicco un triplo salto mortale all’indietro, giocolo con cinque palle, faccio volteggiare sette colombe, salgo su un elefante, passo attraverso un cerchio infuocato, mi appendo a un trapezio, domo undici leoni, ammaestro me stessa e mi convinco definitivamente che la vita, di cui questo angolino è parte, è un immenso e meraviglioso circo Barnum.
(per approfondimenti cliccare sul titolo)

Fonti
Nel celebre circo Barnum, ognuno poteva trovare qualcosa di divertente: in effetti i numeri e le attrazioni erano talmente vari che ce n'era davvero per tutti i gusti. Nel 1835 presentò una donna negra, Joyce Heth, come la ex nutrice del presidente George Washington, ancora in buona forma nonostante i suoi 161 anni dichiarati. Tra le altre sue attrazioni, si ricordano lo scheletro di Cristoforo Colombo e la sirena della isole Figi. Questa caratteristica rese celebre l'effetto Barnum, noto soprattutto come effetto Forer, e cioè la tendenza dell'individuo di credere che una descrizione, un oroscopo, un profilo psicologico, etc siano ritagliati perfettamente su misura propria anche quando essi sono formulati in termini molto generici.

Lesson One - One Lesson

13 dicembre 2009

VITA VISSUTA ovvero che cosa può succedere a una ragazza divertente


In deroga alle mie abitudini, scrivo di domenica e aggiungo un post che per vigliaccheria ieri avevo accantonato.
Questa la storia.
Essendo Bilancia con una serie di astrologici incastri fatali, ho una naturale propensione alla pigrizia che mal si concilia con una altrettanta naturale vocazione alla scrittura. Sia come sia, da un po' mi sono ritagliata un angolino su un giornale qui del posto. Come avrebbe detto la buon'anima di Brenda, lo faccio per passione.
Mi guardo attorno, mi viene un'idea e scrivo le poche righe che premurosamente al sabato (il giornale esce al venerdì) inserisco in questo sito.
Già la storia delle poche righe è una tragedia, per una che ragiona per tomi e che è cresciuta praticamente dentro a una Treccani.
Ma è un esercizio che ritengo utile per foraggiare i neuroni e soprattutto per il buonumore, alimentato tra l'altro da un cane che si comporta come un gatto, una gatta che dorme in una ciotola d'argento dove, se metto un pisello - lo giuro - si rifiuta di entrare, un adorato coinquilino con un irrefrenabile sense of humor (oggi mi ha svegliata leggendo - e che lettura! - una fantastica storia con protagonista Honsell su un tetto con il minestrone!!!!).

Per farla breve, scrivo per finire in corner (così si chiama la rubrichetta), due, tre pensierini alla settimana. Me ne pubblicano uno perchè lo spazio è ingrato. Io però li metto tutti qui. Chè, più che un sito, blog e via dicendo, è un archivio disponibile a chi voglia indagare la mia opera (chiamiamola pure operetta, genere tutt'altro che disprezzabile).
A ispirarmi i contenuti dei pezzulli (è un gergo, si tranquillizzino i malevoli)
sono gli accadimenti della politica locale.

Vediamo un po' che cosa è successo la scorsa settimana da indurmi a certe ilari (il sarcasmo non fa per me, lo detesto) considerazioni.

1
. La Serracchini ha partecipato alla manifestazione viola anti Berlusconi.
Come resistere alla tentazione di immaginarla violavestita (come me e Carla Bruni, ma questa è un'altra storia ancora) a spatuzzanare Mr.B?
Ed ecco pensato e scritto (in treno, il Frecciarossa, esiste davvero e corre come una scheggia) il relativo pensierino.

2
. Sul sito Il Perbenista appare un testo in cui si dice che un tale sarà il coordinatore cittadino del Pld. Già la parola coordinatore è oggettivamente buffa e diventa surreale se attribuita a un partito (tutti i partiti) dove, per definizione, tutto si può fare fuorchè coordinare.
Irresistibile. E così, sempre sul Frecciarossa, matita H4 e quaderno Pigna (ognuno ha le sue fisse) viene prodotto questo testo:


La droite udinese sta lavorando alacremente, come da tradizione, a perdere le prossime elezioni comunali. Una Ferrari rossa, telecomandata da una casa di riposo, passa e ripassa insistentemente sui resti di ex socialisti, democristiani, transazzurri, paraneri, con il chiaro intento di scoordinarli definitivamente. All’operazione partecipano prevalentemente scambisti, feticisti, omofobi, cattonazisti, equino dipendenti, precari definitivi ed erettili casuali. Ferruccio Saro ha cripticamente commentato: impotentia excusat legem.


Il contenuto mi piace molto perchè è più surreale del solito: ci fosse un dadaista da queste parti, sarei già stata ingaggiata.
E il testo sopra finisce nel famoso Corner. E da questo momento in poi ciò che era stato concepito come surreale conferma la sua intima natura.
Nel gioco di parole (attività che richiede abilità sopraffine e autoironia q.b.) si sente chiamato in causa proprio il Coordinatore (il maiuscolo è d'obbligo) il cui coinvolgimento termina alla riga 4.
Da quel momento in poi si utilizzano definizioni applicabili ironicamente alla politica. Politici seriali, che ci stava benissimo ed apriva l'elenco, l'ho tolto perchè con troppe battute.
Rimangano: scambisti, feticisti, omofobi, cattonazisti, equino dipendenti, precari definitivi ed erettili casuali.

Scambisti
: riferito alla politica. Trattasi di soggetti che passano da un partito dall'altro, oppure che aderiscono a una corrente e poi a un'altra ecc. ecc. (dal Dizionario della satira da me testè coniato) oppure scambiano figurine (io lo facevo con i libri, poi sono diventata feticista).
Feticisti: riferito alla politica e detto da una che possiede 128 paia di scarpe (invernali). Adoratori di feticci ai quali i politici tutti fanno parte di diritto e non mi sembra il caso di ricorrere alla semantica per trattare l'argomento.
Omofobi: riferito alla politica. Persone che nutrono diffidenza nei confronti degli omosessuali. Mal gliene incolga, ma in questo contesto suonava bene.
Cattonazisti: qui veramente pensavo a una delle scene più esilaranti di un fantastico film di Mel Brooks (The producer). Urge rivederlo.
Equino dipendenti: qui tiro in campo il mio geniale compagno di Frecciarossa al quale chiedo, matita sull'orecchio come un macellaio: Come posso chiamare quelli che vogliono stare solo con i cavalli vincenti?
La risposta è stata riportata pari pari. L'ho già detto che è un genio?
Precari definitivi ed erettili casuali: mi sono sembrate due buone definizioni, consequenziali alle precedenti. Vada come vada.
Infine il riferimento a Ferruccio Saro che, per inciso, adoro. E' una vecchia battuta in latino, una goliardata fuori dal plot, come direbbe Woody Allen.

C'è qualcuno che ha avuto la pazienza di arrivare sin qui? Perchè è qui che comincia il bello!

2a puntata
Vuoi la Frecciarossa, vuoi che alla stazione di Milano si erano dimenticati di segnalare il numero del binario dal quale stava partendo il treno, vuoi la maledizione di qualche inquilino del Museo Egizio o di quello del Cinema (due ore di coda complessive), ma mi viene il mal di gola.
Non il mal di gola, ma IL mal di gola. Quello che prende i bambini a sette anni e che passa solo con il gelato. E così l'inquieta, che sarei io, finisce a letto. Nell'ordine: malissimo di gola, febbre, mal di orecchie. Suina? Che orrrrrrore!
Colui che amo ritorna da non so dove, chiedendomi che cosa diavolo avessi scritto considerato che aveva incontrato una persona che si riteneva informata sui fatti. Bisogna sapere che l'Amor mio tutto vuole fuochè le seccature (già dato). Ma questa cagnara solo perchè ho citato la marca di un'automobile? Mavalà!! Così crede l'ignara (io).
Nel cuore della notte e a gradi 38,6 il ding dong (così si chiama, giuro) mi segnala l'arrivo di un sms.
No, l'effetto sorpresa, deve restare.
Sarà pubblicato nella terza puntata. Abbiate fede, lettori volonterosi, e amici del drive in (che anni! che risate! che bella gioventù!), tutto sarà svelato. ODDIOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
L'Amor mio, che non legge mai quello che scrivo perchè è un giocoliere della parola detta, mi spegne la luce. Brutta notte. La febbre sale. Forse. E non solo a me.
Nella tarda mattinata di sabato (nell'ordine: febbre, mal di gola, mal di orecchie) arriva il giornale con il Corner incorporato. Lo porta Lui che inizia a preoccuparsi. Che cosa legge di così tragico?
Udite udite!!!! Signori della Corte, giudici, avvocatunzoli, difensori d'ufficio, uscieri e cancellieri. Colui che ragiona più rapidamente della Frecciarossa identifica nella definizione di equino dipendente una persona fisica. ODDDIOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!
Non può essere vero! Ho il testimone. E' causa sua. Stavamo cazzeggiando! Sua Maestà, Giustizia fatta persona, dèi, venitemi incontro! Questo è stato un anno orribile, mi ero ripromessa di finirlo... come dire? in pace.
NO!! L'equino NO. E' tutta colpa di Giorgio. E' lui che ha detto.... odddiooo..: lui che non sa nemmeno chi siano questi qua e non sa nemmeno perchè io scriva queste cose (ti pagano? ti pagano? Nooooo, lo faccio per passione. Ah ah ah ah!!).
Non è finita!!!! L'intreccio si infittisce, il direttore trema, ci sono minacce che incombono, lavori perduti, incarichi andati a gambe all'aria (qualcuno parli con la mia banca please, e neghi, neghi tutto!).
Altro errore, altra sconfitta!!!!! Non è l'equino dipendente la causa dei miei mali ("chi è causa del suo mal pianga se stesso" mia Mamma) che tra l'altro mi è pur simpatico. NOOOOOO!!!!!!!! E' il Partito!!!
Vi prego, signori lettori, affezionati amici di una convalescente in ambascie, amici stretti, amici cari, cani e porci. Omofobi, scambisti, feticisti e tutto il resto sono il PDL!!!! Tutto intero: dal consigliere di circoscrizione al Presidente! L'Amor Mio, l'Amor Nostro (citazione dall'adorato Andrea Mercenaro), io, me compresa. Depravati, maniaci, ecco a ciò in cui ho creduto. Presidente, mi dia retta, è un complotto contro di me come i giudici contro di Lei! Mi rendo conto, sono una lercia sessantottina, Capuozzo è stato il mio testimone di nozze con la bandiera rossa, sono stata tutta pappaeciccia con quel gruppetto di LC. Ha presente? Gente infida. Abbia pietà di me. Volevo fare la sceneggiatrice, entrare nel cinema, scrivere romanzi, ma sono diventata vecchia in quattro e quattr'otto, persa nella pigrizia e nella politica.
Adesso finirò alla sbarra.... E, signori tutti, ho anche perso la pazienza e nonostante il mal di gola (oggi di nuovo a letto) ho starnazzato (facendolo ho aperto la finestra, Pavlov mi spieghi quest'ultimo passaggio). E così sono condannata a perdere il Corner (così mi è stato detto), a non lavorare, a finire nel cono dell' inessenzialità, nell'oblio dei perdenti. IO, che avrei voluto diventare Arbasino.

12 dicembre 2009


Pentitissimi

L’ala moderata dello “spatuzzatura fan club” locale ha nominato i suoi vertici. Presidente ad honorem è un Sindaco che ha avuto la meglio, nonostante il tentativo di sfiguramento con acido muriatico, su una Segretaria con i denti avvelenati, avvistata in pantacollant viola e sandali tacco 12 democraticamente disegnati da Jimmy Choo per H&M. Fanno parte del cda elementi della droite à kefiah, saltimbanchi e prestigiatori. Il gruppo ha confermato la propria presenza al cocktail offerto da tal Veronique. In palio candidature e poisons per tutti.

Traveller


Si avvisano i signori viaggiatori che a causa della mancanza di essi stessi, i treni diretti da Udine per Milano sono stati definitivamente soppressi; lo stesso dicasi di quelli per Roma, mentre gli zuge per Vienna sono parcheggiati una volta per tutte a Villaco. A loro disposizione possono trovare servizi di pullman, nell’apposita stazione, che propongono itinerari intelligenti per la Polonia, Ucraina, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Catanzaro, Foggia, Lecce e Taranto.

Per gli stessi motivi non sarà ripristinato il volo per Milano (fermo restando le opzioni via Roma, Parigi, Monaco e Belgrado) da Ronchi dei Legionari, aeroporto da cui appaiano e scompaiono destinazioni a ogni cambio di stagione.

I signori viaggiatori, pur non viaggiando, sono pregati di sistemare i bagagli a mano nelle apposite cappelliere, chiudere il tavolino di fronte a loro, mantenere la distanza di sicurezza, leggere i pannelli a messaggio variabile, obliterare i biglietti, non sporgersi dai finestrini e attendere la terza corsia nelle aree di servizio dove la protezione civile provvederà a distribuire loro acqua, coperte e altri generi di conforto.


Dress code

Siccome sono più bella che intelligente, siccome per me il lodo è il marito della lode che prendevo a scuola, essendo che Luc di Mont è pieno di mogli e figli bellissimi, stante che i comunisti non mangiano i bambini, perché la Serracchiani non si mette le gonne?

Acque agitate

Se Saro dice che tutto può succedere e Berlusconi fa succedere di tutto è meglio che Tondo si preoccupi.

Faccende primarie

Dire a Saro che dica a Renzulli che dica a Englaro che dica a suo fratello che dica a Ignazio (Marino) che i polsini slacciati della camicia sono stati abbandonati dai sindacalisti yuppisti già negli anni ’80. Gli si faccia nel contempo sapere che il tema del fine vita è stato derubricato dall’agenda politica da quando i sondaggi del Cav. hanno appurato che solo a sentirlo nominare gli italiani si toccano le palle.

Snobismo

Le macchine di grossa cilindrata comprate di seconda mano sono più malinconiche delle city bici inutilizzate di via Leopardi.

L'alba del salmone

Essendo partita alle 6.30 per essere alle 7 a mangiare del modesto salmone svedese nel sistema commerciale più organizzato del mondo, ho passato il resto della giornata leggendo i libri finti della libreria Billy.

Taglia qui taglia là


Non dite a Natalie e China, e alle altre nobildonne in gramaglie di via Gradoli, che da queste parti si taglia un po’ di tutto, persino in ospedale. Meglio precisare che l’obiettivo principale (oltre alle pause pranzo e ai fuochi d’artificio) è il mondo della cultura dove si rincorrono più ipotesi:

e se il Mittelfest diventasse biennale o triennale (Saro permettendo)? E se il Far east diventasse near (Honsell permettendo)? E se al Css si togliessero gli spettacoli e si lasciassero i servizi (Reitani permettendo)? E se in Castello si facessero miniappartamenti (parlarne con Gallerini)? E se di Vicino Lontano restasse solo il vicino (chiedere anche alla Malisani)? E se a Villa Manin andasse a dormire Tondo nel letto di Napoleone (pagando Cainero)? E se Friuli doc si limitasse al doc (chiedere a Fontanini)? Basta festival, basta rassegne, basta déjeuner avec l'herbe al parco del Rivellino (passare lo spino a Molinaro)! Basta orchestrali e avanti orchestrine! Sdrindule ringrazia.


Fanulloni


I dipendenti pubblici utilizzano la pausa pranzo, nell’ordine, per: fare sesso, fare la pennichella, fare la spesa, fare caciara, farsi una bruschetta, farsi un tiro, farsi un giro, farsi un collega, farsi le lasagne, farsi un trans, fare un pisolo, farsi un film. Questa l’evidente opinione del ministro di Avellino che vuole abolirla; il presidente Fontanini, al grido “Mole il bevi”, la vuole allungare alla sola condizione che si beva vino Friulano.


La fatica di vivere


Stramazzata al suolo da Pinter e ripresami con Solenghi, ma martoriata da una orchestra mitteleuropea, chiedo ai Signori della Corte di mandare per sempre in esilio tutta la cosiddetta cultura locale e di chiamare definitivamente Tarantino (Bastardi senza gloria) a far piazza pulita (Bill Kill) dei presidenti e amministratori pubblici per hanno cacciato questa terra nello spazio dell’irrilevanza. Invito i Signori della Corte ad esaminare anche la documentazione relativa a una campagna di promozione del vino locale dal titolo Mole il bevi (definizione che ha subito soppiantato il tradizionale cin cin) e una di sicurezza stradale rubricata sotto il titolo Piede facile.

Se qualche giudice vorrà dare un occhio a tutto questo sappia che sono una persona non informata sui fatti.


Riverberi

Nel capello finto del presidente è stata rinvenuta una forte dose di cocaina impoverita al punto da risultare lacca.

Noi che l'erba

Quei gentiluomini e gentildonne che d’estate si ritrovano per déjeuner sur l’herbe nel parco del Rivellino, un vero melting pot di sostanze musicali, hanno celebrato a Udine lo spaccing day di addio alla manifestazione (pare dirottata verso la più tollerante e accogliente penisola iberica) con l’avallo di un buon numero di firmatari seriali per i quali il Rototom è evidentemente un giochino messo in piedi da quelle visionarie delle sorelle Montessori. Tra i firmatari la Serracchiani, Marino, Englaro, Ovaia, Vauro, Ruotolo, don Ciotti, Giuliani. Spicca l'assenza del radical right Saro.

KULTUR

Ah! La cultura! Die Kultur, da qui a poco. E’ in dirittura d’arrivo direttamente da Brescia l’ex direttore germanista di quel teatro là, che viene adesso a farlo qua. La cosa potrebbe catalogarsi come un normale avvicendamento se non fosse che il fatto che sarebbe venuto a Udine lo sapessero tutti. Michele Mirabella, past Direktor e massimo esperto catodico di reumatismi, ha duellato con il presidente del teatro Mizzau (travestito da Reitani, detto il Germanista) pur sapendolo anch’esso. E sin qui tutto bene. Il fatto è che il germanista Lievi, pur sapendo che sarebbe venuto a Udine, ha duellato a sua volta con la presidenza bresciana che non gli ha rinnovato l’incarico così come lui e tutti quanti sapevano. Come direbbe Shasperkeare: a nice comedy of errors.

ITALIA: QUEL PAIS!


Sapevamo chi fossero gli utilizzatori finali, adesso sappiamo anche chi sono quelli iniziali.

Ce la sentivamo da un po’ che quei porconi di Stefano e Dolce e la Mariuccia e i giorgi, Donatella e tutti quegli smandrappati che occupano a Milàn il cosiddetto quadrilatero più fashion del mondo sono dei pre magnaccia. Lo si capiva subito dalle loro creazioni da budoir, ispirati e ispiratori di una società pecoreccia popolata da modelle papparazzate, siliconate, anoressiche, attratte come mosche dai tenutari di capitali russi e anche nostrani in grado di assicurate una comparsata in tivvù.

Adesso sappiamo definitivamente che quei balconcini animalier e le guepiere senza stecche (più femminili, dicono i femminielli di quel made in Italy che ha portato noi mafiosi e spaghettari in tutto quel quel mondo dove eravamo/siamo più noti per i mitra e l’eroina stivati nelle custodie di viole, violini e violoncelli come tengono a precisare i cinematografari nostrani) sono, non ispirazione dettata dal mercato o da quei fascinosi trend che percorrono la moda, ma il risultato del fango in cui sguazziamo noi italiani.

Lo hanno detto a una sol voce il FT (Financial Times, per i non addetti allo snobismo) e l’Herald Tribune, due testate alle quali normalmente guardiamo con reverenziale rispetto (compliance) per via del loro politically correct che non contempla che la parola più cliccata al mondo sia sex, materia correlata, dalle caverne in su, a money e power.

L’assunto dei due giornali londinesi, per i quali l’Italia è un crogiuolo di battone e rispettivi clienti (gli uni senza gli altri non potrebbero, per inciso, esistere) è che sulle passerelle milanesi sono transitati straccetti hight cost e politicamente scorretti ispirati/causati dai sex gate dei nostri governanti.

Tradotto in lingua di provincia significa che il pappa&ciccia dei nostri presidenti (paese che vai, presidente che trovi, ndr) con il sesso femminile (donne è una parola ormai desueta) ha indotto il fashion system a ispirarsi a quel variopinto mondo che ha trovato il suo degno epigono nell’avvocatessa sorpresa avant’ieri, a raccogliere penne e pene ai piedi del suo cliente galerizzato.

Vorrei dire a quelli di FT e dell’Herald (da voyeur a voyeur) che la carta vincente della catena spagnola di abbigliamento più trendy del momento che fa sentire, noi di provincia, dressed to kill con 49,90 euri, è la capacità di copiare creativamente i depravati stilisti del made in Italì. Così accade, cari amici di FT and Herald (che è il nome, con tutto il rispetto per i lettori di sua maestà, del dog dei miei vicini di casa), che non solo le passerelle milanesi esibiscono e danno forma al degrado morale di questo paese, ma che anche gli armadi delle eterne ragazze di Terenzano, Duino, AzzanoX, Cormons e Cinisello Balsamo straripano di scarpe sadomaso a 79,90 euri, camiciole vedo non ti vedo da 34,99, reggiseni push up che ti aggiungono tre misure con 9,90 e un armamentario di borchie e veli caserecci e cheap che rendono le ragazze di ogni continente, a lor (them) dire, delle battone in divenire. Noi ragazze caracolliamo sui tacchi dodici per sedurre gli uomini (così siamo programmate: in fondo il nostro compito è di fare bambini, missione raggiungibile solo attraverso rapporti etero molto ravvicinati) e per dimostrare alle altre donne che sappiamo sedurre (portando via loro gli uomini a colpi di sputtanamenti).

Così ci hanno insegnato il cinema, la letteratura, la televisione, i giornali e se vogliamo anche le assemblee sessantottine (nota autobiografica, ndr) dove aveva la meglio la studentessa che si infilava nel sacco a pelo del rettore o del leader in transition, sancendo in un sol colpo il mai abbastanza indagato rapporto tra sesso e potere che ha sin qui impedito di dare una risposta netta alla domanda su chi usa chi.

E’ la ragazza che si ficca, a pagamento, nel letto del fascinoso politico di passaggio che lo adopera (nessuno le mette una pistola alla tempia) per denaro, piacere e gratificazione (e anche potere sessuale, se ne parli, please) o è lui che se ne serve per dimostrarli? Il potere, per chi lo esercita e lo condivide, qui e altrove, è un afrodisiaco portentoso. E allora, se mettiamo tutte queste considerazioni in fila, ne facciamo una moderata sintesi, adottiamo la risoluzione secondo la quale al signor Murdoch, al signor De Benedetti e a tutti gli editori ed autori del mondo parlare di sesso fa aumentare lettori e spettatori (quindi denaro e potere!), concludiamo che in tempi grami come questi “chi fa sesso con chi”, sapendo già il perché, è un gioco di società di cui, come disse Fred a Rossella O’ Hara, francamente me ne infischio.

Cultura in miseria

Taglia qua, taglia là, alla fine la cultura resta quasi a bocca asciutta. Si rincorrono le ipotesi: e se il Mittelfest diventasse biennale o triennale? E se il Far east diventasse near east? E se al Css si togliessero gli spettacoli e si lasciassero solo i servizi? E se in Castello si facessero miniappartamenti? E se di Vicino Lontano restasse solo il vicino? E se a Villa Manin andasse a dormire Tondo nel letto di Napoleone? E se Friuli doc si limitasse al doc? E se la Barcolana diventasse una barcolina? E se a Pordenone non si leggesse più? E se la storia di Goriza divenisse una fotocopia? Basta festival, basta rassegne, basta déjeuner sur l'herbe al parco del Rivellino! Basta orchestrali e avanti orchestrine! Sdrindule ringrazia.

Effetto Brunetta

I dipendenti pubblici utilizzano la pausa pranzo, nell’ordine, per: fare sesso, fare la pennichella, fare la spesa, fare caciara, farsi una bruschetta, farsi un tiro, farsi un giro, farsi un collega, farsi le lasagne, fare un pisolo, farsi un film. Questa l’evidente opinione del ministro di Avellino che vuole abolirla; il presidente Fontanini, al grido “Mole il bevi”, la vuole allungare. Frico e polenta per tutti.

Panebianco docet

Agenda. Dire a Saro che ha ragione e che il bipolarismo fallirà/finirà. Dire a Tondo che ci presenti il suo amico Caccitti, dire a Honsell che il ’68 è tramontato, dire a Collino che se perde il seggio di Bruxselles ne troverà un altro dalle nostre parti, dire alla Serrachiani di smetterla, dire a Riccardi di cambiare fotografo, dire a Englaro che non è Loris Fortuna, dire a Molinaro che in futuro il soprintendente del teatro di Udine sarà una donna nera, lesbica, comunista ed ebrea, dire a Garlatti che ho conosciuto un suo compagno di baldorie, dire a Pizza che vive in tempi che gli sono favorevoli, dire a Bertossi di farsi dire da Saro che il bipolarismo finirà, dire a Illy che è tempo che ritorni tra noi.

Sbandate


Noi che l’A1 era un disco nel juke box e che abbiamo i segni dei vaccini sul braccio, siamo pieni di Das (Seasonal Affective Disorder Sindrome Affettiva Stagionale) da quando Saro sta a sinistra come Fini, la Serracchiani a destra come Saro, Molinaro di qua e di là come Fontanini, Tondo al centro come Molinaro, Honsell a sinistra come Tondo, Bertossi ovunque come Honsell, Gottardo a destra come Moretton, Fontanini a sinistra come Riccardi, Tondo a destra come Honsell, Moretton a sinistra come Saro. Ma perché hanno fatto le primarie?


Il mistero del giornale scomparso


Il free press E Polis continua a perdere copie: sono state rinvenute in gran numero e visibilmente abbandonate nel forno di una cucina a Majano e nel reparto attrezzi per la casa della ferramenta di Città Fiera.


Referenze


Essendo un’apparente dioningina che scrive fanfiction sull’uranismo e una fandom del Comune sento che non avevo nessuna chance di fare la direttora artistica del teatro nuovo GdU.

Ombre del caso Marazzo

Si segnala in provincia di Udine, nei pressi di un noto convento, un gruppo transpartitico di transfughi della politica di sinistra, destra, centro, transitare transitoriamente, grazie a un progetto transfrontaliero, oltre le transenne del convento medesimo. Dopo una transazione con una badessa transgenica hanno stabilito che per ora non laborant. Sic transit gloria mundi.

Dove lo mettiamo il cimitero islamico?

Nella sala del commiato di Paderno è stata notata una starlette della politica nostrana confabulare con l’ex assessore Moretton con lo sguardo fisso verso la Mecca.

Panettoni e fioriere

Via Stringher, chiusa, via Stringher un po’ aperta, via Stringher così così, via Stringher via di lì. Eppoi tutti a mangiare la pizza.

PD: questione d'immagine

A urne chiuse, a segretario eletto (ma non candidato premier, boh!), a frangetta ridimensionata, chiedo pubblicamente chi sia il famigerato comunicatore democratico, ma così democratico da usare, come segno distintivo delle primarie, una molletta per i panni. Non un oggetto di design, non qualcosa di trendy che avrebbe fatto fare salti di gioia al modaiolo Veltroni in quaresima, ma quell’arnese che da queste parti noi chiamiamo čhapìn. Che è un oggetto di miseria, che per giunta nemmeno tiene le lenzuola che ormai finiscono direttamente in asciugatrice. Un čhapìn in casa nostra è una cosa da occultare per decenza, se poi è di legno, da buttare ogni tot perché salta la molletta. E se un čhapìn non riesce a tenere nemmeno se stesso come fa a tenere un partito o un elettore? La prossima volta, meglio sarebbe buttarla sulla “Cosa 3” che almeno sembra qualcosa dove puoi ricaricarti la scheda del telefonino.

Appaiono nelle librerie numerosi titoli di autori locali...

Sia mai che ci si decida di buttarsi sui classici russi e iniziare da Tolstoj perchè ci è rimasto in testa, dai tempi del liceo, Guerra e Pace. Invece del tomo di 1.638 pagine, il libraio ci rifilerà l’esile fatica (!) di Alessandra la leghista, ora al soldo di franceschiello, ma pronta a giurare sulle foci del Tagliamento, a primarie concluse e a contingenza in atto, che Bersani lei lo amava ancor prima della sbandata per Bossi. A nulla varranno le rimostranze della Deb /dem, anche lei saldamente presente sugli scaffali con Il coraggio che manca dove sostiene, cestinando nientemeno che il concetto gramsciano della teoria e prassi, che il Pd la schifa. Le due proto marxiste narcisiste devono vedersela – se vogliono restare nella top ten (e se lo vogliono!!) – anche con Beppino Englaro che le insidia con il suo La libertà e la vita, titoletto di poche pretese che rimesta, se mai ce ne fosse bisogno, nel tabù dei tabù. Insomma, dopo anni di penuria le librerie sono sommerse da un profluvio di parole di friulani in cerca di gloria e a noi non rimane altro, compilate le dieci domande da sottoporre al verduraio (non basta chiedere zucchine, bisogna anche chiedergli come va la prostata e altre amenità del genere altrimenti ci dà della fascista), che metterci un papellino in testa e andare là dove ci porta il cuore.


A Udine si và a 20 all'ora

Coinvolti nell’azione di sputtanamento messa in atto dalle neo redazioni B&B (Bed&Berlusconi) dei giornali internazionali, è sfuggita la notizia che gli esperti di mobilità del mondo, riuniti a Stoccolma, hanno concluso che non ne saltiamo fuori dal problema dell’inquinamento urbano se non facilitiamo lo scorrimento delle auto. In subordine si facciano metropolitane. Chi si trovasse a passare in auto da via Stringher a 20 chilometri all’ora, per sistemarsi la coscienza ecologica si infili nel parcheggio di piazza Venerio e aspetti di scendere, prima o poi, alla stazione di Paparotti, direzione Palmanova.

11 ottobre 2009

TARCISIO MIZZAU'S STORY


IL PENSIERO 1
Ascoltato dalla commissione cultura, ha criticato l’operato del conduttore televisivo: «Con la sua gestione gli abbonati della prosa non sono cresciuti»

«Teatro senz’anima, Mirabella poco presente»

Audizione di fuoco: il presidente del Cda Mizzau accusa il direttore artistico

«La scarsa, saltuaria presenza dei direttori artistici, e in particolare del direttore artistico prosa che ha molti potenziali interlocutori sul territorio, è un punto di debolezza del Giovanni da Udine». Non solo. Secondo il presidente della Fondazione teatro Nuovo Giovanni da Udine, Tarcisio Mizzau è anche avvertibile un altro rischio.

Quello che non avendo avviato una produzione o quantomeno una coproduzione il Teatro «venga visto da molti come un puro contenitore senz’anima, un non luogo dove la gente passa senza mai sentire di farne parte». E per finire: «Gli spettacoli di prosa registrano una frequenza non soddisfacente di pubblico». Quella che doveva essere una semplice audizione del presidente sulle linee generali del Piano culturale prosa si è insomma trasformata in una sorta di atto d’accusa al direttore artistico Michele Mirabella. Perché, sollecitato da una ventina di domande del capogruppo del Pd, Agostino Maio, alla fine Mizzau ha dovuto fare un’analisi a raggi X di tutta l’attività portata avanti da Mirabella. E i risultati non sembrano lusinghieri, anche se Mizzau ha più volte ripetuto che dal punto di vista contrattuali «Mirabella è stato inappuntabile». Anche se le sue presenze nell’arco di un anno, secondo la stima di Mizzau non sono state più di 30, «Due volte al mese oltre alle occasioni particolari» a fronte di uno stipendio di 82.500 euro (50mila come direttore artistico, 20mila come sovrintendente e 12.500 come rimborso spese).

Maio ha chiesto anche quali sono gli altri incarichi ricoperti da Mirabella e se i suoi impegni sono compatibili con quello svolto al Giovanni da Udine, una delle poche domande questa che ha colto “impreparato” Mizzau il quale ha illustrato l’andamento degli abbonati per la stagione di prosa: «Tra prosa e operette erano 4.130 nell’ultimo anno di Rodolfo Castiglione – ha dichiarato – scesi a 3.823 nel primo anno di Mirabella e a 3.663 nella stagione 2008-2009 quando però ci sono stati 343 abbonati a una formula mista. Abbonamenti non certo cresciuti contrariamente a quanto accaduto con la musica che ha visto passare gli abbonati da 2.069 della stagione 2007-2008 a 2.210».

Alta anche l’età media degli abbonati: basti pensare che sotto i 30 anni ce ne sono soltanto 188 e la “classe” più presente è quella della fascia di età tra i 60 e i 70 anni che annovera 964 “iscritti”. E non è finita: il “mi vogliono cacciare” pronunciato da Mirabella dopo aver da poco rinnovato il contratto per un anno secondo Mizzau ha danneggiato l’immagine del teatro al punto da essere considerata “una dichiarazione inaccettabile”. Quello che invece non accetta il capogruppo del Pdl Loris Michelini sono le “ingerenze del Comune che mettono a rischio l’autonomia del Cda” (ma Mizzau ha negato rivendicato la sua indipendenza) mentre, sempre nel corso della commissione Cultura, l’esponente della Lega nord Barbara Zelè ha chiesto un direttore artistico friulano “per valorizzare la cultura del territorio».

Da Il Messaggero Veneto del 15 settembre 2009

Cristian Rigo

Giovanni da Udine, nuovi abbonamenti: cifra record al termine della prima giornata

UDINE – Dopo gli ottimi risultati raggiunti dal Giovanni da Udine, in questi giorni, con le tre fasi iniziali della Campagna Abbonamenti 2009/2010, si è chiusa nel segno di una cifra record la prima giornata dedicata ai nuovi abbonamenti e ai nuovi tipi di abbonamento: nell’arco di otto ore, infatti, ne sono stati sottoscritti 840, superando così anche il ragguardevole numero dello scorso anno.

E’ un momento di grande soddisfazione per chi tiene al Giovanni da Udine: il pubblico – ha commentato il Presidente della Fondazione Teatro Nuovo, Tarcisio Mizzau – riconferma il proprio amore e la propria attenzione per l’offerta artistica del Teatro e questo prezioso risultato deriva da un coordinato lavoro di squadra. Un grazie e un plauso, dunque, vanno al team operativo del Teatro, che ha svolto con efficienza il suo lavoro, benché assordato da voci sopra le righe che tentano di danneggiarne l’immagine.E un caldo abbraccio – ha poi aggiunto il Presidente Mizzau – va al pubblico, che riconferma la propria fiducia nella gestione del Teatro con un’indicazione molto chiara: al di là di tutte le polemiche in corso, il Giovanni da Udine è una realtà solida e mantiene la barra del timone dritta sul raggiungimento degli obiettivi della Fondazione, operando con ponderatezza. Il pubblico avverte che i suoi interessi vengono tutelati con equilibrio».


IL PENSIERO 2

Nella mattinata dell’8 settembre un comitato di cittadini ha promosso una raccolta di firme per sostenere il rinnovo del contratto a Michele Mirabella, che a loro dire ha ottimamente svolto il compito di direttore artistico. Rifiutano le presunte ingerenze politiche “apprese dalla stampa” tantopiù che “l’assessore Luigi Reitani non è nemmeno stato eletto ma è stato nominato e non rappresenta i cittadini” mentre il teatro “appartiene agli spettatori e ai cittadini di Udine”

lettera del presidente Mizzau diffusa l’8 settembre

Mi è stato chiesto da più parti di commentare la petizione, la raccolta di firme, il fatto insomma che in città c’è chi si muove per mantenere il dottor Michele Mirabella come direttore artistico prosa al Teatro Nuovo Giovanni da Udine oltre la fine di quest’anno. Non posso commentare la petizione perché non la conosco, e non è serio che il Presidente della Fondazione si pronunci sul sentito dire. Posso però esprimere le mie impressioni sul fatto che la scelta del direttore artistico prosa del Giovanni da Udine sia diventata oggetto di pubbliche iniziative, che fazioni pro e contro Mirabella si siano formate in città, che si sia pensato ad una sorta di apparente referendum. Una prospettiva romantica, passionale, a cui guardo con simpatia.

Sono tenuto però a chiamare in causa la realtà: è responsabilità e dovere del consiglio di amministrazione della Fondazione scegliere il direttore artistico prosa con metodo il più possibile razionale, basando la decisione su programmi di politica culturale e valutazioni distaccate, non su slanci emotivi.

Al dottor Michele Mirabella va riconosciuta grande bravura nel dipingere con colori sgargianti vicende normali, nel narrare come straordinario un fatto banale. Un incarico conferitogli per la durata di un anno è diventato nelle sue parole cacciata, bando, proscrizione. Il fatto che qualche consigliere della Fondazione condivida un’opinione di uno dei soci diventa appiattimento, sottomissione, plagio. Non continuo: le capacità affabulatorie di Mirabella sono note; e generalmente apprezzate.

Ancora una volta vanno ricordati i fatti veri: il contratto di consulenza che lega il direttore artistico al teatro è stato firmato dal sottoscritto, come Presidente del Giovanni da Udine, e dal dottor Mirabella; scade il 31.12.2009; non prevede per Mirabella privilegi oltre la data di scadenza, né limita il suo diritto di candidarsi per gli anni successivi.

Una strada ragionevole per scegliere il direttore artistico prosa per gli anni 2010 e 2011 è stata decisa dal consiglio di amministrazione della Fondazione, con voto unanime dei consiglieri presenti, nella riunione del 17.07.2009: prevede che sia innanzitutto approvato un documento con gli indirizzi di politica culturale del consiglio (il piano culturale prosa); successivamente i consiglieri potranno presentare uno o più candidati, che saranno ascoltati dal consiglio; sarà infine scelto il candidato che il consiglio riterrà più idoneo a realizzare il piano culturale prosa.

E la petizione, le firme? Considererò petizione e firme benvenute (se e quando arriveranno), come atto di affetto verso il Giovanni da Udine e verso il suo attuale direttore artistico prosa, in carica, non va dimenticato, per decisione del consiglio di amministrazione attuale. Eventuali commenti sul testo della petizione sono rinviati a quando lo conoscerò.

Tarcisio Mizzau
Presidente Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine

La riunione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine, iniziata alle 15.00 del 4 settembre con la presenza di tutti i componenti, si è interrotta durante la trattazione del punto due all’ordine del giorno, “Discussione e approvazione del Piano Culturale Prosa 2010-2012”, poiché i Consiglieri Renato Stroili Gurisatti, Gianni Nistri e Claudia Giorgiutti hanno abbandonato la sala, rendendo impossibile il proseguimento dei lavori per mancanza del numero legale.
Le richieste tassative dei Consiglieri appena citati, poste quale condizione per il loro rientro, erano due: prima, che si rinunciasse alla approvazione del Piano Culturale Prosa da porre come base della scelta del Direttore Artistico Prosa per il prossimo biennio; seconda, che si mettesse sotto esame l’operato dell’attuale Direttore Artistico Prosa Michele Mirabella, lui presente, per escluderlo dall’incarico cui il Piano si riferisce qualora i risultati della sua azione fossero stati giudicati insufficienti o confermato qualora fossero stati trovati soddisfacenti. Si sarebbe così interrotto l’iter per la scelta del Direttore Artistico Prosa, approvato all’unanimità dei presenti nel precedente Consiglio di Amministrazione, che prevede l’invito di alcuni candidati e la scelta sulla base della loro maggiore idoneità a realizzare il Piano.
I Consiglieri dissidenti sostengono che il Consiglio non dovrebbe formulare alcun Piano Culturale, lasciando totale libertà al Direttore Artistico Prosa: la pretesa va però contro lo Statuto della Fondazione, che prevede che il Direttore sia responsabile per l’elaborazione e definizione dei programmi del settore di sua competenza «sulla base delle linee di politica culturale indicate dal Consiglio di Amministrazione» (art.14). Il Piano Culturale Prosa era stato posto all’esame del Consiglio proprio per conformare l’azione della Fondazione alle prescrizioni statutarie.
Il Presidente della Fondazione, dottor Tarcisio Mizzau, si dice molto dispiaciuto per l’accaduto. Ritiene «scorretta la posizione dei Consiglieri dissidenti, due dei quali hanno approvato a fine luglio la procedura di scelta del Direttore Prosa e non solo hanno ritenuto oggi di contraddirsi, ma hanno cercato con una manovra scorretta di imporre il loro punto di vista a tutto il Consiglio. Il danno provocato al Teatro e alla città, impedendo il funzionamento di un organo democratico come il Consiglio di Amministrazione è grave e ricade su chi lo sta provocando».
«Infine – conclude il Presidente Mizzau – devo dire forte: fuori la politica dal Consiglio di Amministrazione. Sbandierando inesistenti condizionamenti di parte, questi Consiglieri ritengono di poter sacrificare gli interessi del Teatro a scopi che niente hanno a che fare con la buona conduzione di un’istituzione culturale che deve operare libera da manovre di schieramento».
Qualora si dovesse constatare che il Consiglio, subito riconvocato per il prossimo 11 settembre, non è più in grado di funzionare, il Presidente sarebbe tenuto a provvedere all’ordinaria amministrazione, convocando l’Assemblea dei soci della Fondazione per la soluzione del problema.

da gazzettino 24/9/2009 che ospito e diffondo -

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LE OPERE

Tarcisio Mizzau è laureato in Economia e Commercio, ha alle spalle una lunga carriera di dirigente industriale, ha pubblicato per FrancoAngeli Innovazione per la qualità , è Presidente della Stazione Sperimentale per la Seta.

http://es.camera.it/_dati/leg13/lavori/bollet/199701/0115/html/10/frame.htm?campo=//es.camera.it/_dati/leg13/lavori/bollet/199701/sedute/10.htm

Seta per filati discontinui un libro di Tarcisio Mizzau - L. M. Velo

Questo manuale vuole essere utile a chi ha il compito di acquistare e trasformare nastri pettinati di seta e roccadini di seta: gli addetti agli uffici acquisti, i tecnici di stabilimento, i creativi che progettano i filati di seta pura o i misti, in mischia intima di fibre di seta con fibre di cashmire, di lana e altre fibre naturali. Lo scopo è infatti quello di fornire un aiuto sistematico, per quanto possibile completo, all'utilizzo dei test di laboratorio per giudicare le materie prime di seta per filati discontinui in modo oggettivo. Vengono date indicazioni sulle attrezzature di laboratorio utili, su come usarle, anche se spesso nate per fibre diverse dalla seta, su come interpretare i dati.

La Stazione Sperimentale per la Seta (SSPS) è un ente pubblico economico, di diritto privato, al servizio del settore serico. La maggioranza dei consiglieri di amministrazione sono designati dalle associazioni imprenditoriali del settore serico. Ha un organico fisso di sei ricercatori e altrettanti tecnici di laboratorio e assume ulteriore personale di ricerca a progetto.

La principale attività svolta è la ricerca applicata in campo serico e, più generalmente, tessile. Esegue inoltre analisi (tests) su fibre, filati, tessuti, coloranti, ausiliari tessili. Svolge attività di formazione specialistica nel tessile e collabora con gli enti di normazione.

Nella comunicazione impiega un ampio spettro di iniziative: pubblica la rivista La Seta, distribuisce propri pieghevoli sulla seta, vende il kit didattico Setaviva, sostiene il peso dell'organizzazione del European Silk Award, pubblica testi tecnici.

Per ulteriori informazioni potete rivolgervi alla Stazione Sperimentale per la Seta, via Giuseppe Colombo, 83, 20133 Milano - E-mail: info@ssiseta.it


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KIT DIDATTICO SETAVIVA (da www.ssiseta.it)

La vita del baco da seta è breve e affascinante: con SETAVIVA kit didattico ogni alunno può seguirne le tappe vivendo direttamente le immagini reali e le forti sensazioni date dal vedere il bruco nascere da minuscole uova, crescere cambiando pelle più volte, costruirsi il bozzolo, accoppiarsi e deporre le uova.

SETAVIVA kit didattico porta il baco in aula in qualunque periodo dell'anno per supportare un progetto didattico ricco e coinvolgente: biologia degli insetti, storia e geografia, economia e moda, arte ed ecologia.

SETAVIVA kit didattico porta vita nella scuola: interesse e passione negli alunni, curiosità nei genitori, memorie nei nonni. Modernità e tradizione in un prodotto originale, di costo contenuto e di potenzialità rilevanti.

Com'è nato SETAVIVA kit didattico
SETAVIVA kit didattico è nato in seguito alle sollecitazioni degli insegnanti di scienze delle scuole elementari e medie che chiedevano di reperire il seme bachi (le uova) per organizzare un piccolo allevamento in classe. Esperienze condotte in molti paesi dimostrano che l'osservazione diretta dei fenomeni biologici rappresenta una delle più efficaci e moderne risorse didattiche. Sono state necessarie sperimentazioni e collaborazioni scientifiche a livello universitario per pervenire ad un prodotto sicuro, adatto all'aula scolastica e di facile utilizzo.

Che cos'è SETAVIVA kit didattico
È un piccolo laboratorio, specializzato e moderno, contenente tutto l'occorrente per un ciclo completo di vita del baco da seta. SETAVIVA kit didattico fornisce le uova, le confezioni di mangime, le scatole d'allevamento con il controllo della temperatura, le istruzioni dettagliate per l'uso e un libro d'approfondimento.
SETAVIVA kit didattico viene fornito, completo di istruzioni e del testo didattico Il baco da seta al prezzo di € 99,00 (IVA inclusa). Il testo didattico Il baco da seta può essere acquistato a parte al prezzo di € 6,00 (IVA inclusa).

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OPERE 2 (storia)

Lunedì 9 ottobre 2006 in Sala Ajace, Mario Turello presenterà il romanzo di Tarcisio Mizzau "Il fôr Martin", "Il forno Martin", originale in friulano con traduzione italiana a fronte. Sarà presente l'Autore. Saranno letti dei brani del libro da parte degli allievi della Civica Accademia "Nico Pepe" di Udine.

"Il forno Martin" racconta due modi di affrontare la vita, da parte di due giovani che rispondono in modo spontaneo e naturale a situazioni molto diverse, mentre cercano una loro strada nella vita. Simon vive a Udine, e trova lavoro nell'acciaieria in cui ha lavorato il nonno, e in cui tutti i lettori potranno riconoscere la vecchia Safau. Supera normali difficoltà, s'innamora, arriva al matrimonio. Pablo invece vive a Cordoba, in Argentina, e si trova in mezzo a un sollevamento popolare, represso nel sangue. Riesce a scappare e approda a Udine, col sogno rivoluzionario nel cuore. L'intreccio delle due storie porta a momenti di tensione e opposizione, che si risolveranno alla fine del lungo racconto, mentre entrambi i giovani stavano vivendo una loro storia d'amore.

Tarcisio Mizzau, laureato in economia e commercio alla Cattolica di Milano, ha alle spalle una lunga carriera come dirigente industriale, gestendo importanti progetti di ristrutturazione aziendali. Ha pubblicato libri tecnici in italiano ed è presidente di un ente di ricerca tessile. In campo letterario scrive testi narrativi e teatrali in friulano. Con il Il fôr Martin", "Il forno Martin", tradotto in italiano da Barbara Cinausero, è stato segnalato al premio letterario "San Simon" di Codroipo.






10 ottobre 2009

IL TEATRO CHE VORREBBE

Ed ecco che cosa pensava l'assessore Reitani della questione teatro in un'intervista rilasciata al Nuovo Friuli.
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Un’altra istituzione che ha visto uno dei suoi primi interventi è il teatro nuovo. Perchè?

Anche in questo caso, vorrei prima sottolineare che il teatro a Udine non è solo il teatro Giovanni da Udine: esiste un sistema molto più articolato in cui ci sono il Css, teatro regionale di innovazione, l’Accademia civica, le associazioni, la stagione di Scena Aperta, per non parlare del Cec e del Visionario, se allarghiamo la visuale anche al cinema. Il Giovanni da Udine è solo una delle componenti di questo sistema, anche se è o dovrebbe essere la principale.
Il suo intervento è stato piuttosto critico. Che cosa c’è che non va, secondo lei?
Innanzitutto la gestione: finora ci si è attenuti più a una logica contabile piuttosto che cercare di impostare una politica culturale.
Da che cosa dipende?
Non lo so. Forse nella scelta del presidente che ha più caratteristiche tecnico manageriali, più che culturali. Forse nei criteri di nomina dei consiglieri: a parte la Nonino e la Baracetti, tutti di nomina politica.
Che cosa cambiare?
Dal punto di vista della struttura, direi i criteri di nomina dei consiglieri: bisogna metterci delle persone di cultura, a prescindere dagli orientamenti politici. In questo senso ho rivolto un appello al presidente della Regione Tondo e della Provincia di Udine Fontanini.
Non crede sia un po’ utopistico?
No. Anche se politicamente la pensiamo in modo diverso, ho molta stima personale di Tondo, dell’assessore Molinaro e di Fontanini.
E Mirabella che cosa dice?
Il problema non è il direttore artistico. Finora nessuno mai gli ha fatto un discorso. La questione vera è proporgli un progetto culturale e vedere se è disposto a impegnarsi, anche con un’adeguata presenza, per portarlo avanti.
Com’è il teatro che piacerebbe a lei?
Un teatro centro di cultura, che oltre a dare spettacoli, si riempia ogni giorno, o quasi, di eventi collaterali. E poi, un teatro aperto allo scambio con le regioni confinanti: innanzitutto musicali.
08/07/2008

AFFINITA' ELETTIVE


La multiforme attività culturale di Lievi include anche traduzioni di Goethe, Hölderlin, Rilke e Botho Strauss. Autori di lingua tedesca amatissimi dall'assessore Reitani che ha curato, ad esempio, il libro di Waiblinger dedicato a Holderlin di cui qui è riprodotta la copertina.
Le affinità culturali tra i due forse spiegano la tenacia di Reitani nel volere Lievi al teatro di Udine.


Luigi Reitani
, qui con un lago alle spalle, insegna letteratura tedesca e austriaca all'Università di Udine. Ha tradotto opere di Ingeborg Bachmann, Thomas Bernhard, Elfriede Jelinek, Friederike Mayröcker, Friedrich Schiller, Arthur Schnitzler.

Per la collana I Meridiani di Mondadori ha tradotto e commentato la prima edizione italiana integrale delle liriche di Friedrich Hölderlin, di cui ha anche rivisto il testo critico tedesco (Tutte le liriche, Milano 2001, 2004).

L'OPERA DI LIEVI

Una ricerca su Cesare Lievi pare possa non avere fine talmente ampia è la sua attività e l'impegno culturale che, lo scopriamo, si dilaga sino alla poesia contenuta in questo prezioso volumetto.

NEL TEMPO

(2001-2004)
Gennaio 2008
17 x 12 cm
69 pagine
ISBN 8888845616
11.00 euro

Di questo volumetto sono stati ultimati presso la Tipolitografia S. Eustacchio trecento esemplari, cento dei quali contengono, fuori testo, una litografia di Mauro Staccioli, stampata a mano su carta Arcoprint Fedrigoni.

Cesare Lievi è nato a Gargnano del Garda nel 1952. Per il teatro ha pubblicato Fratelli, d’estate, Tra gli infiniti punti di un segmento, Variété, Un monologo, Festa d’anime e Fremde im Haus (Francoforte 2007).
Le sue raccolte di poesia sono Stella di cenere (Marsilio 1994), Altrove qui (L’Obliquo 1998) e Ardore infermo (Scheiwiller 2004).
Ha tradotto Goethe, Hölderlin, Rilke e Botho Strauss.
Dal 1996 è direttore artistico del CTB, Teatro Stabile di Brescia.

Il morire - intendo la vita -
è bello, o meglio
vorrei che fosse così: divorare

andare dentro, bruciare da dentro
e poi galleggiare nel tempo
come un’anatra, un cigno inutile

e perfetto nella sua forma, e quieto
e giusto.

Il PENSIERO DI LIEVI


Jon Fosse è il drammaturgo norvegese al cui lavoro, come si può intendere dall'intervista qui riportata al prossimo direttore artistico del Giovanni da Udine, si è appassionato Cesare Lievi. Per meglio capire il pensiero e il mondo di Jon Fosse è utile leggere l’intervista rilasciata a Rodolfo di Giammarco e contenuta nel volume Teatro. A proposito dei meccanismi che portano alla stesura del copione, si legge: ''Non uso mai direttamente esperienze personali, se lo facessi la mia scrittura ne soffrirebbe. Devo scrivere partendo dal niente, tutto deve essere nuovo, per così dire. E per farlo, devo in qualche modo allontanarmi, devo sentirmi come una persona che esegue un lavoro, che consiste nello scrivere (…). Quando scrivo mi pongo in ascolto, della realtà forse, o forse di qualcos’altro – a man mano che avanza il testo, procede sempre più verso ciò che ho già scritto – e quello che scrivo è esattamente ciò che è giunto a me dall’essermi posto in ascolto''. In un’altra intervista Fosse dichiara che i suoi personaggi teatrali sono ''voci'' e non ''corpi''.

Mentre in provincia ci sforziamo di capire quale sarà il modello culturale al quale si ispirerà l'attività di Lievi, a Roma Jon Fosse - proprio in questi giorni - è oggetto di analisi in un laboratorio teatrale dedicato al suo lavoro.

Laboratorio intensivo sul teatro di JON FOSSE

Condotto da Alessandro Machìa

dal 8 al 17 Ottobre 2009

Teatro allo Scalo (via dei Reti, 6 – San Lorenzo -)

Lo scopo del laboratorio è quello di approfondire il lavoro dell’attore attraverso lo studio della drammaturgia frugale di Jon Fosse, il ruolo del silenzio come creatore del Senso e la ricerca dell'inespressività come risultato intenzionale del lavoro con e sull'attore.
Il laboratorio si articolerà secondo due linee portanti:

ANALISI E DECOSTRUZIONE DELLA PAROLA IN FOSSE
Analisi della partitura testuale dei testi di Jon Fosse (decostruzione e rapporto detto/non-detto) / Lavoro sull'inespressività espressiva della recitazione fossiana / Microfisica del ritmo e della ripetizione della parola / Il rapporto silenzio/parola in Fosse / Analisi attiva del ruolo (etjud)

LAVORO SUL CORPO E SULLO SPAZIO

Analisi microscopica del gesto e del movimento dell’attore / L'attore nello spazio vuoto / Intenzionalità del proprio corpo (sguardo, gesto, movimento) / Improvvisazione sul testo / Improvvisazione su musica

Il laboratorio è rivolto a giovani attori\attrici e allievi attori\allieve attrici che abbiano avuto esperienze pregresse di laboratori intensivi e nell’ambito dello spettacolo dal vivo in generale.

Num. di partecipanti: min 8 – max 20 / Costo: 200 EURO (50h di stage)