29 dicembre 2008

SARO-HONSELL 0-1


E bravo Honsell! L'invito a leggere Il Manoscritto di Brodie di Borges (che tra l'altro essendo una raccolta di racconti obbliga a leggerseli tutti, 11, per trovare il riferimento che - tra l'altro - sta proprio in quello che dà il titolo al libro) è stata una gran mossa. Che meraviglia se fosse seguito un duello a colpi di penna e di citazioni! Tu pensi che io sia un Mlch o un Nr o un Kroo? Leggiti Doblin! E tu và a pagina 43 di Alan Bennet... Si vede che di Saramago non hai letto Cecità, eppure sta dalla tua parte!

Che piacere, che emozione, che peccato!

(Il Manoscritto di Brodie di J.L.Borges Biblioteca Adelphi 22.000 lire - a suo tempo. In copertina, di Petro Figari, L'uomo che si pavoneggia)


Senatore,
con periodicità continuano i Suoi attacchi alla mia persona. Che Lei affronti il tema di Mittelfest, dell’Università o del Comune, poco importa: a Suo avviso, la gestione “è disastrosa” e la colpa, sempre, “è unicamente dell’ex-rettore”. I Suoi attacchi però non riportano ragionamenti o dati esatti (anche gli ultimi non sono corretti), ma soltanto accuse e insinuazioni, quasi feroci.

Mi fanno venire in mente quel mondo sciagurato, descritto da Borges, nel Manoscritto di Brodie, dove gli uomini ormai ridotti a bruti, per attirare l’attenzione, si lanciano manate di fango.
Di solito accade che il giorno successivo alla Sua uscita, puntuali, i giornalisti mi chiedano se voglio replicare. Io rispondo sempre, “No, grazie”. Lei infatti non gioca la sua partita, ma cerca invece un mio “fallo di reazione”, e loro cercano di immortalarmi nell’atto di compierlo. È una ben triste commedia, quella di trascinarmi in una zuffa, che si ripete da quando ho vinto le elezioni al Comune di Udine.
Così preferisco rivolgerLe un invito: a smetterla con il fango. Penso che i friulani vogliano una politica più elevata, dove al posto delle insinuazioni, delle calunnie e delle parole, si agisca in positivo. Penso che i friulani, vista la situazione, si attendano dai parlamentari e dagli amministratori lo stesso atteggiamento che ebbero nel post-terremoto Bressani, Santuz, Fortuna, Baracetti, Colomba, Scovacricchi, alla Camera e Tonutti, Burtulo, Beorchia e Toros al Senato, se ricordo bene, quando seppero trovare le ragioni dell’unità per il Friuli e per l’università nonostante la spaccatura in Regione (Comelli era presidente con un solo voto di maggioranza visto che i socialisti erano usciti). Un’azione sollecitata dalla società civile, dalla Chiesa, dalle categorie, della quale i friulani vanno ancora orgogliosi.
Lei ha molte cose da insegnare: non si abbassi più alle insinuazioni fangose come quelle del 6 e del 27 dicembre sull’Università di Udine.
Questa sarà la prima e ultima volta che Le rispondo. E lo farò in modo pacato. La gestione di un’università si misura dai risultati ottenuti. Provi a guardare le classifiche del Censis sulla qualità della ricerca e didattica, e quelle di Almalaurea sull’occupazione dei laureati. Durante i miei anni di rettorato, molte facoltà sono state tra le prime in Italia (per la prima volta nella storia dell’Università) e i nostri laureati hanno avuto tempi di ingresso nel mondo del lavoro in media molto più bassi che altrove. Decine sono stati i brevetti e i progetti europei realizzati.
È vero: io ho la responsabilità, assieme a tanti altri, di aver fatto crescere l’università di Udine. Sono arrivato qui nel 1989. Non avevo nemmeno la scrivania allora, gli studenti non raggiungevano i diecimila (a Trieste erano quasi il triplo) e nessun ricercatore aveva ancora realizzato un progetto europeo. I giovani friulani lasciavano il Friuli a migliaia. Oggi gli studenti sono raddoppiati, ce ne sono più che a Trieste, e la nostra università è nota in Europa. È vero: ho fatto in modo di tenere aperti tanti corsi e di mantenere la nostra presenza sul territorio. Ho attivato tante borse di dottorato e di studio, ho assunto tanti ricercatori e precari. I soldi sono sempre stati pochissimi, andavano sempre in misura maggiore alle università più antiche anche se meno virtuose. Ma ce l’abbiamo sempre fatta, malgrado il sottofinanziamento e le tante promesse non mantenute di ministri di destra e di sinistra di colmarlo. Per farcela abbiamo dovuto trovare fondi in Europa, in Regione (il presidente Tondo nel suo primo mandato aumentò di un miliardo di lire il finanziamento alle università, altri aumenti li fecero Illy e Cosolini), dalle imprese, dagli istituti di credito e dalle fondazioni, dalle associazioni di categoria. La situazione è sempre stata molto difficile: non l’ho mai nascosto a nessuno, nemmeno a Lei.
Glielo dissi la prima volta nel 2003 e Lei mi diede anche alcuni consigli su come convincere l’allora ministro Moratti a resistere agli assalti delle università meno virtuose. Ma come Le spiegai già allora, gli aumenti stipendiali non li decidono le università, sono decisi per legge e, a differenza di quanto accade per altre categorie di personale ministeriale, ricadono sui bilanci delle università. L’università di Udine ce l’ha sempre fatta, però. E con le carte in regola: i bilanci sono stati approvati quasi sempre all’unanimità, così come hanno avuto il via libera dai revisori dei conti. E i bilanci consolidati sono sempre stati in attivo. Credo che nel 2008 chiuderanno con oltre 7 milioni! I riferimenti che Lei fa sono al bilancio dell’amministrazione centrale e non a quello dell’intero Ateneo. Lei dimentica sempre di citare il bilancio dei dipartimenti. Dal 1993 la divisione dei due bilanci è un fatto puramente interno. Diversamente da altri atenei, i nostri dipartimenti ricevono tutti i servizi gratuitamente dall’amministrazione centrale.
Quest’anno la situazione è aggravata solo per il fatto che il decreto Tremonti invece di riequilibrare o di aggiungere risorse ha, di fatto, tagliato i fondi a tutte le università. Inoltre quest’anno si sono aggiunte spese di personale supplementari per una causa di lavoro che ha origini da una legge del 1999 (quando io non ero nemmeno prorettore) ed è stato aumentato per legge l’importo delle borse di dottorato (cosa peraltro corretta).
Certo, se l’Università di Udine invece di crescere fosse rimasta nana o non ci fosse stata proprio, Tremonti, e insieme a lui - mi sembra di capire - anche Lei, avreste gioito. Ma Le rivolgo ugualmente un appello: diamoci invece da fare perché il Governo si decida a dare all’ateneo di Udine quello che gli spetta. E se proprio vuole attaccarmi ancora, si rilegga prima Borges.

Con rispetto
Furio Honsell,
Sindaco di Udine

23 dicembre 2008

DIMENTICARE ENGLARO


Cronaca di una triste cronaca. Beppino Englaro vuole dare seguito alla sentenza della cassazione che rende legittima la sospensione dell'alimentazione a sua figlia. I giornali ne parlano da mesi. Tutti conoscono la vicenda in ogni dettaglio. Beppino Englaro è friulano d'origine, conosce Ferruccio Saro e conosce Renzo Tondo. In qualche modo entra nella vicenda Toni Agosto, charmant proprietario della Clinica Città di Udine e ottimo pr.
Dichiara di essere disposto a procedere (l'opinione pubblica sino a questo punto ritiene che sarà sufficiente togliere il sondino....). Trova medici e infermieri, tutti volontari. Il Policlinico finisce in tutti i telegiornali e giornali d'Italia. Si entra nel dettaglio. Ci vorranno quindici giorni affinchè si realizzi la volontà degli Englaro. Il presidente della Regione Tondo, su suggerimento - molto probabile - di Saro, dice che si può fare. L'ad del Policlinico dichiara in conferenza stampa che la Regione deve assumersi le sue responsabilità: loro, dice, sono pronti. Sacconi, dal ministero, dice che la cosa non s'ha da fare e che ci saranno conseguenze per le strutture ospedaliere che applicheranno la sentenza. Tondo lo benedice perchè gli toglie le castagne dal fuoco e gli da la possibilità di ritornare in quella zona grigia dove adora soggiornare. Saro si è nel frattempo compromesso. Ha fatto la regia, sembrava che tutto funzionasse alla perfezione e che il Friuli Venezia Giulia sarebbe apparsa al resto del mondo come l'area radicaldestra d'Italia: rispetto per i diritti civili, visione avanzata del mondo, laicismo ecc. ecc.
Sacconi viene smentito da Berlusconi in persona (il premier è uno smentitore professionista). Sulla riva del Tevere in piena si stanno spianando i fucili e non è il caso di aprire contenziosi. Forse Saro è a conoscenza di quello che sta accadendo al Ministero e dello scambio di telefonate di fuoco.
Tondo deve vedersela con il suo assessore alla sanità che aveva detto che la Regione non avrebbe accolto la ragazza, deve vedersela però anche con Saro e con Beppino e con Agosto. L'intreccio si infittisce e la trama si complica quando comincia a immaginare le bottiglie di acqua davanti al Benvenuto e in piazza Unità. Nel frattempo l'opinione pubblica si divide ancora. Quelli che sostenevano che andava bene sospendere l'alimentazione non sono d'accordo sui quindici giorni di supplizio. Chi passa davanti al Policlinico Città di Udine tocca ferro nel migliore dei casi. I giornali non accennano ad abbassare il tiro: le notizie che spaccano in due il paese sono quelle più redditizie per l'audience. Si getta acqua sul fuoco. Lo fa Saro, lo fa Tondo che nei panni del pompiere ci si ritrova perfettamente. Si chiede un attimo di riflessione, una richiesta di silenzio stampa che parte dagli Englaro, dal Policlinico e dalla politica locale. I cosiddetti preti d'assalto condividono tutto, l'arcivescovo si scandalizza, Corgnali - che studia da arcivescovo - si indigna. Si capiscono meglio gli interessi e gli intrecci. Ci sono volontari che si organizzano per continuare ad assistere la ragazza, medici che innestano microchip risveglianti nel cervello, ragazze risvegliate, ipotesi di possibilità di deglutizione. Tutto viene rimesso in discussione. Saro temporeggia. Lui sa che il tempo è galantuomo. Le ostilità con il mondo cattolico potrebbero essere un rompicapo. Si spera che il Natale acquieti gli animi. Al Policlinico tutto è pronto. Potrebbe essere una buona idea di marketing o forse no. Si mette di mezzo l'Unione Europea che dice che è tutto legittimo: la Cassazione ha parlato chiaro e chi si è intromesso non risulta nemmeno parente della moritura

Alla Dorina, che da sei anni è alla Quiete in quel mondo sospeso che non ci è dato indagare, il sondino dell'alimentazione ha fatto venire un'infezione. Glielo hanno tolto e adesso la nutrono via endovena. Pare, dicono, che voglia andarsene. La pressione crolla, ritorna, l'ossigeno, le notti lunghe. Soffre? Nessuno lo sa e tutti la circondano con amore sperando che resti.

19 dicembre 2008



"Il nostro è un tempo defraudato di molte cose. Ad esempio, è un tempo senza silenzio, e quindi senza scampo".

Davide Maria Turoldo

Discorsi al bar

Orribili chiacchiere nei bar a Udine. Oggi venerdì 19 dicembre ore 11.
La stragrande maggioranza degli avventori sostiene, con il bicchiere in mano, che: "la povera ragazza non può continuare a vivere così".
La stragrande maggioranza della stessa maggioranza sostiene: "Così non và bene. Meglio un modo più rapido e veloce".

TONDO IN BILICO

Era il caso che Tondo si compromettesse così tanto nella vicenda Englaro? Che cosa ha fatto Saro per convincerlo?

18 dicembre 2008

IDEA PER HONSELL

Il consiglio comunale di Borgo (Tn) ha approvato le nuove linee guida proposte dall'assessore Patrizia Dallafior per quanto riguarda la realizzazione di feste e manifestazioni promosse, patrocinate e sostenute dal Comune. La novità sta nel giro di vite nei confronti degli eventi ad alto contenuto alcolico. La delibera, votata all'unanimità, prevede infatti che il municipio non partecipi, né con un contributo finanziario né con la messa a disposizione di attrezzature e strutture, alle manifestazioni intitolate a prodotti alcolici. Dunque, per capirsi, niente feste «della birra» e «del vino». Viene anche confermato il divieto di vendita dei superalcolici, in vigore già da qualche anno. Nel caso di somministrazione di alcolici, poi, gli organizzatori dovranno prevedere anche la vendita di bevande analcoliche e il Comune potrà aprire i cordoni della borsa solo a fronte di un duplice impegno: la progettazione di attività specifiche di sensibilizzazione sui temi dell'alcol, del fumo, delle droghe o di altre sostanze nocive per la salute e l'utilizzo di materiali biodegradabili nell'ottica di una maggiore tutela ambientale. «Ciò non vuol dire - spiega Dallafior - chiedere alle oltre cento associazioni presenti a Borgo di rinunciare all'organizzazione di feste e di eventi sul territorio comunale, ma ha il significato di proporre un modo attento e consapevole di gestire questi momenti, ricordando sempre l'interesse verso la tutela della salute». Le linee guida sono il frutto di un lungo percorso: incontri con le associazioni, sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza, progetti con lo Spazio giovani, un paio di passaggi nella commissione sociale e culturale. Ancora Dallafior: «Tanto lavoro perché la questione è parsa da subito complessa: da una parte le esigenze delle associazioni che dagli eventi traggono i fondi necessari per il loro sostentamento, dall'altro la preoccupazione dell'amministrazione di andare oltre le pratiche proibizionistiche per dare chiari segnali ai cittadini e promuovere informazione e promozione di stili di vita responsabili e consapevoli».
Da L'Adige del 18 dicembre

SI VOTERA' DI SABATO E DOMENICA

Per le amministrative e le europee 2009 ci sarà un «election day», il 6 e 7 giugno del 2009. Lo dice il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. «Il voto- spiega- interessa oltre 4 mila comuni e 73 province, oltre alla tornata per le europee. Si voterà sabato 6 pomeriggio, invece del lunedì, e tutta la domenica 7 giugno».

DICE UMBERTO VERONESI


IL CAOS regna sulla vicenda di Eulana Englaro e trasforma il dibattito in una guerra di parole. Eluana è viva o non è viva; i trattamenti sono cure o accanimento; l'esito della sua storia è una questione medica, giuridica o politica. Eppure ha parlato semplicemente e chiaramente Eluana: "Io non voglio esistere così", diceva indicando il suo amico in coma vegetativo, riferendosi inequivocabilmente a quel corpo che stava davanti a lei, a come lo vedeva e lo percepiva, provandone terrore. Non ci sono giochi di parole: proprio quello ad ogni costo non voleva Eluana , e da lì dobbiamo ripartire, per non perderci nella "tragedia degli equivoci".

La confusione è sempre una cattiva consigliera perché alla fine delle polemiche abbandona la gente alla sfiducia sconsolata nella capacità della società, attraverso le sue istituzioni, di aiutare i suoi cittadini proprio nelle situazioni più complesse e drammatiche, quando la collettività e i suoi servizi dovrebbero invece essere di sostegno e di incoraggiamento.

Occorre allora riconcentrarsi sul tema: la volontà di Eluana. Se qualcuno ha dei dubbi deve fermarsi lì: se effettivamente quella del rifiuto della vita vegetativa fosse davvero la scelta lucida della ragazza. Resta da vedere perché mai dovremmo mettere in dubbio il lavoro paziente e meticoloso dei nostri giudici che hanno ricostruito questa volontà, emettendo una sentenza che sapevano perfettamente sarebbe stata altamente impopolare. E perché mai un padre adorante verso la propria "bambina", come dice Beppe Englaro, avrebbe dovuto battersi per anni per realizzare tale volontà, affrontando la gogna mediatica e la distruzione della sua vita personale?

A prescindere dalle considerazioni puramente umane, però, i dubbi sono legittimi perché non esiste purtroppo un documento firmato che riporti il pensiero di Eluana. Ma se invece siamo d'accordo che la volontà di Eluana è quella ricostruita dalla magistratura, allora la confusione su chi decide che cosa è subito dissipata. Decide Eluana e la sua decisione va rispettata. Se io scelgo che preferisco morire piuttosto che farmi amputare un arto, come è successo pochi anni fa nel caso della signora siciliana, nessuno può tagliarmi una gamba, esercitando una violenza che per me è tortura.

Su questo punto non si può transigere perché significherebbe accettare che nel nostro paese la società è autorizzata a perpetrare violenza nei confronti dei suoi cittadini. E questo non è vero né per la magistratura, né per la scienza , né per il Vaticano, né per la politica. Come ricorda Carlo Casonato, grande esperto di diritto costituzionale comparato e responsabile del Progetto Biodiritto "il diritto di disporre della propria vita esiste. E' sancito dall'articolo 13 sulla libertà personale e dall'articolo 32 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario e anche dall'articolo 35 del Codice di Deontologia Medica che conferma che non è consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.".

Sappia quindi la gente che c'è un punto fermo : nessuno può violare questo diritto e c'è chi si impegna a farlo rispettare sempre e comunque nella sua sostanza. La confusione si crea piuttosto sulla forma e si alimenta delle definizioni e delle prese di posizione politiche e ideologiche. Sono mesi che dalle pagine dei giornali e dagli schermi di televisioni e computer ci ossessiona la figura di una donna nella dirompente bellezza dei suoi vent'anni: Eluana con il cappello nero, Eluana in tuta rossa fiammante sulla neve, Eluana che esce dalla doccia e ride. Eluana oggi non è quella delle foto. E' una donna di quasi quarant'anni anni, senza sorriso, senza espressione negli occhi, senza vita di relazione, senza coscienza, senza controllo di un corpo, che è ormai un involucro in disfacimento. La sua vita meravigliosa si è spenta per sempre 16 anni fa.

16 dicembre 2008

TEMPO LIBERO

L'ossimoro è la figura retorica che consiste nell'accostare nella stessa frase parole che esprimono concetti contrari, o perfino opposti. Il dizionario Devoto-Oli, per esempio, cita la famosa esortazione latina “festina lente”, affrettati lentamente, che è una regola di vita. Ma, più che una citazione classica, è forse più espressiva la confessione di Ava Gardner, una delle donne più belle del mondo: “Io sono profondamente superficiale”. Avete, almeno un po’, sorriso? L’ossimoro più bello, infatti, è quello provvisto di humor: “Siamo tutti dei falliti, almeno i migliori di noi”, diceva J.M. Barrie, il creatore di Peter Pan.. E lo sceneggiatore George Kayfman, con ironia: “Quando uno scrittore arriva a scoprire di non avere alcun talento letterario, ha ormai così successo da non poter più smettere”. Ancor meglio Thomas Mann: “Uno scrittore è uno che per scrivere fa più fatica degli altri”. Bene, questo per dire che Mardy Grothe, uno psicologo americano, ha compilato un’enciclopedia degli ossimori più divertenti, “Oxymoronica”, che è un'antologia delle assurdità più vere e divertenti. ChelseaMia ve ne riproduce alcune, senza la presunzione di raccontare alcunché di nuovo: “Tutte le mie idee migliori – lamentava infatti il grande scrittore americano Ralph Waldo Emerson – mi sono state rubate dagli antichi
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Ci vuole un sacco d’esperienza per baciare come una principiante”, raccomandava alle ragazze del dopoguerra “The Ladies’ Home Journal”, perché non c’è categoria dello spirito cui non s’addica un arguto ossimoro quanto l’amore (e le propaggini: sesso, matrimonio, tradimento). Sentite: “Quando il mio amore giura d’essere verità incarnata, io le credo, anche se so che mente”, scriveva in un sonetto il più grande conoscitore dell’animo umano, William Shakespeare. Secondo Lord Byron, infatti, le donne mentono così bene che "la verità sembra falsa”. E ci caschiamo, in quelle promesse, tutte le volte: “In amore, le rassicurazioni sono praticamente l’annuncio del loro opposto” (Elias Canetti). Stupirsi se finisce come prevedeva August Strindberg: “Io amo lei, e lei ama me, e ci odiamo l’un l’altra, con un odio nato dall’amore”? Mai fidarsi fino in fondo: “La più virtuosa delle donne ha in sé qualcosa che non è proprio casto” (Honoré de Balzac). Eppure Napoleone Bonaparte aveva la perfetta strategia: “In amore, la vittoria va all’uomo che fugge”. Detto meglio, secoli prima, da Ovidio: “L’amore è una forma di guerra”. Indovina chi vince: “Una volta messa alla pari con un uomo, una donna diventa il suo superiore” (Socrate). Sarà per questo, quindi, che Alexandre Dumas concludeva: “Le donne ci ispirano a fare grandi cose, e c’impediscono di ottenerle”.

Blog_ossimoro_Kerr.jpgVi sembrano troppo cinici, misogini, maschilisti, questi uomini che sputano sentenze? Sentite le donne: “Bisogna davvero essere pazze degli uomini, per amarli: altrimenti, sono semplicemente insopportabili” (Marguerite Duras). “Amo gli uomini che si comportano da uomini: forti e infantili” (Françoise Sagan).”Più d’una donna si sforza di cambiare il suo uomo, e quando l’ha cambiato non le piace” (Marlene Dietrich). Meglio farne a meno: “Penso che se una donna non ha trovato l’uomo che fa per lei prima dei 24 anni, quella è fortunata”, pensava Deborah Kerr, l’attrice. Tant’è: “Il modo migliore per restare soli è sposarsi”, dice Gloria Steinem, la femminista americana. Perché, secondo la strepitosa Zsa Zsa Gabor, c’è una regola: “Una ragazza deve sposarsi per amore, e continuare a sposarsi finchè non lo trova”. Che confermò: “Personalmente, non so nulla del sesso, perché sono sempre stata sposata”. A lei potrebbe rispondere John Updike: “Il sesso è come i soldi: solo troppo è abbastanza”. Sicché, ci si lasci finire ancora con qualche uomo, magari inacidito: “Mai avere figli, solo nipoti” (Gore Vidal). A occhi aperti: “Nelle separazioni, è chi non è davvero innamorato che sa dire le cose più tenere” (Marcel Proust). Senza illusioni: “Le donne hanno un vantaggio sleale sugli uomini: quello che non possono ottenere facendo le furbe, l’ottengono facendo le tonte” (Yul Brinner). Ma con indulgenza: “Un uomo può avere due o tre storie d’amore, quand’è sposato. Di più, è tradimento”, disse Yves Montand, il cantante, che una di quelle storie ebbe con Marilyn Monroe, della quale Laurence Olivier dava questo sintetico giudizio: “Un’amante di professione”.

Blog_Ossimoro_Gabor.jpgOra, naturalmente, bisognerebbe passare ad altre categorie dello spirito. Ma, essendo ChelseaMia un blog essenzialmente politico, concetriamoci su questo argomento. Punto primo, secondo Paul Valéry: “La politica è l’arte di impedire alla gente di occuparsi delle questioni che giustamente la riguardano”. Una verità per ogni democrazia: “Nessun governo può essere saldo a lungo senza una formidabile opposizione” (Benjamin Disraeli). Ma nemmeno sia troppo saldo, ammoniva Voltaire: “Se vuoi che lo Stato non sia sopraffatto da una fazione, mostra tolleranza”. Adesso, in fila, tre presidenti americani. Secondo il Gattopardo, che era reazionario, bisognava cambiare tutto perché non cambiasse niente, ma il concetto fu espresso meglio, da progressista, da F.D. Roosevelt: “Dobbiamo riformare se vogliamo conservare”. Si vis pacem, para bellum, dicevano gli antichi romani, e George Washington riformulò: “Essere preparati alla guerra è uno dei mezzi migliori per preservare la pace”. Ma il più arguto, e certo più guerrafondaio, fu Harry Truman: “Voglio la pace, e sono pronto a combattere per averla”. Tornando in Europa, una verità eterna: “Il più radicale dei rivoluzionari diventerà un conservatore all’indomani della rivoluzione” (Hannah Arendt). E anche: “Una dittatura del proletariato non sarà mai proletaria” (Will e Ariel Durant, storici americani). Un’ovvietà: “Democrazia significa governo basato sulla discussione, ma funziona solo se riesci a farli tacere” (Clement Atlee). “Anche in una dichiarazione di guerra si devono osservare le regole della buona educazione” (Otto von Bismarck). Diffidate di chi vi ama: “Il cuore di uno statista dovrebbe stare nella sua testa” (Napoleone, che evidentemente sapeva di tutto). Diffidate di chi chiede dialogo: “Quando due partiti sono d’accordo su qualcosa, in genere è sbagliato” (G..K. Chesterton). Diffidate di chi si sente condottiero: “Il vero leader è sempre guidato” (Carl Jung). Diffidate delle cose troppo evidenti: “Tutta la propaganda è bugiarda, anche quando dice la verità” (George Orwell). Diffidate della sincerità: “La diplomazia sincera non è più possibile dell’acqua asciutta o dell’acciaio di legno” (Josef Stalin). Diffidate della schiettezza: “Mio padre ha speso i migliori anni della sua vita a scrivere discorsi improvvisati” (Randolph Churchill, su suo padre Winston). Diffidate di chi invoca libertà a sproposito: “Gli uomini e le nazioni che hanno troppa libertà finiscono in schiavitù” (Cicerone). E se il personale politico vi pare corrotto, pensate che in fondo si tratta di esseri umani: “Io adoro i partiti politici. Sono gli unici posti dove la gente non parla di politica”. (Oscar Wilde, ancora lui).

Blog_ossimoro_Proust.jpgBene, spero che vi siate divertiti. O che almeno abbiate sorriso. Naturalmente, ognuno resta della sua idea: “Se anche mi persuadi, non mi convinci” (Aristofane). Perché a leggere gli antichi, in fondo, non s’apprende nulla: “Certi uomini studiano così tanto da non aver tempo d’imparare” (dal Talmud). Non chiediamo troppo al cielo: “Si versano più lacrime sulle preghiere esaudite che su quelle inascoltate” (Madre Teresa di Calcutta). Ma nemmeno impigriamoci: “Troppo riposo diventa una pena” (Omero). Adesso arrivederci, perché, come diceva “Yogi” Berra, un giocatore di baseball americano passato alle cronache per i suoi ossimori d’involontaria comicità, “s’è fatto tardi molto presto”.

(“Oxymoronica”, di Mardy Grothe, è pubblicato in Gran Bretagna da HarperCollins, 246 pagine, 10,99 sterline. Nelle foto, dall’alto: Marilyn Monroe; Marlene Dietrich; Deborah Kerr; Zsa Zsa Gabor; Marcel Proust).

15 dicembre 2008

UNIVERSITA': QUALE LAVORO?


In una catena della grande distribuzione del Friuli Venezia Giulia che occupa un centinaio di commesse con contratto a tempo indeterminato (non vendeuses che hanno una funzione vuittoniana - tres jolie - , ma ragazze che oltre a vendere devono scaricare i camion, sistemare la merce, smaltire gli scatoloni ecc. ecc.) la cui età media è 37 anni, il 73% di queste è laureata. Ad esclusione di due ragazze che si sono laureate a Padova tutte le altre escono dall'Università di Udine. Nell'ordine provengono da: lettere e filosofia, lingue straniere, scienza delle comunicazioni, relazioni pubbliche. Quattro si sono laureate a Trieste in scienze politiche.
Fino a dieci anni fa il rapporto era di una laureata ogni dieci diplomate. Il fatto che siano in possesso di una laurea non modifica la loro posizione contrattuale. Le domande di assunzione che arrivano alla stessa azienda provengono nell'82 per cento di casi da giovani in possesso di laurea e disposte ad accettare contratti a tempo determinato.
Lo stipendio medio di una commessa varia, a seconda dell'anzianità di servizio, dagli 800 ai 1.300 euro al mese. Sarebbe opportuno, e lo faremo, iniziare a discutere sulla fregola di chi per l'Università a Udine sarebbe disposto a tutto.

14 dicembre 2008

DONAZIONE ORGANI E HONSELL


Furio Honsell, sindaco di Udine, ha preso la parola all’apertura del convegno “Aspetti etici, religiosi e culturali nella donazione e trapianto”. Il convegno, organizzato a Tavagnacco dal Centro regionale trapianti con il patrocinio di Hypo Alpe Adria Bank, trattava un argomento di grande attualità e rilevanza, tanto è vero che è iniziato prima delle nove di mattina ed è finito alle 14,30. Honsell ha svolto il suo intervento verso le nove, ha detto che si tratta di un problema molto complesso che merita un attento ascolto e subito dopo se n’è andato.

Per la verità ha anche detto un paio di altre cose. Innanzitutto che nelle questioni complesse il contributo dei singoli individui conta di più del lavoro coordinato (?). Poi, con un candore che non gli riconoscevamo, ha rivelato di aver scoperto che l’Associazione friulana donatori di sangue è una organizzazione, una “rete”. Ha ammesso di averlo scoperto perché quasi ogni domenica è invitato da un “circolo” dell’Associazione (forse sarebbe meglio definirla sezione).

Si potrebbe obiettare che non è giusto criticare Honsell ad ogni piè sospinto, anche – ad esempio – quando porta la sua augusta persona ad un convegno importante come quello di Tavagnacco. Effettivamente in questo caso la critica colpisce un comportamento oggettivamente di scarsa importanza, ma che è invece rilevante per quello che fa capire.

Le autorità – si sa - sono tenute a partecipare ad ogni occasione e manifestazione, quasi come la statua del Santo in processione. Allora perché criticare Hosell? Perché lo fa solo per esibizione, per vanità. E’ facile criticare le sue dichiarazioni, perché le sue parole riempiono di vuoto il nulla. Perché su ogni argomento che tratta potrebbe invece ricavare importanti e sostanziali informazioni dalle conoscenze connesse con la sua carica e dai funzionari del suo comune; informazioni che sarebbe importante divulgare perché i cittadini possano essere più informati – e quindi più partecipi – delle questioni amministrative che li riguardano. Invece si limita a frasi di circostanza (ma davvero non conosceva l’organizzazione dell’Associazione dei donatori di sangue?). D’accordo con le sue dichiarazioni superficiali ad un convegno fa pochi danni. Ma quanti ne fa invece con lo stesso atteggiamento superficiale sui problemi – e sono tanti! – della città? Forse sarà per questo motivo che finora si è ben guardato dall’affrontarli, se è vero che le gradi discussioni dei cittadini si sono finora concentrate sull’indegno traliccio sistemato davanti alla cattedrale di Udine e spacciato per albero di Natale.

A che punto siamo arrivati. A rimpiangere Cecotti !

TRENITALIA E IL FRIULI


La considerazione di cui gode un territorio da parte delle autorità nazionali si misura, in gran parte, dai collegamenti di cui viene dotato. E' un'antica storia della quale furono maestri e precursori gli antichi romani che, se volevano valorizzare una loro regione, la facevano attraversare da una importante via di comunicazione.
C'è un paesino, a 1.850 di altitudine sulle montagne Svizzere, che quando nel 1800 un tal Badrutt pensò di valorizzare costruendoci imponenti e lussuosissimi alberghi fece precedere la sua speculazione immobiliare dalla costruzione di tre vie di comunicazione: una che collegava il paesino (che si chiama Sankt Moritz) con l'Italia attraverso il Passo del Maloja, una con l'Austria e una con Zurigo. Non pago, herr Badrutt si attivò perchè ci fosse anche una ferrovia (impresa non semplicissima da realizzare a quelle altitudini) e, subito dopo, un aeroporto. Sistemati gli accessi costruì quegli alberghi che oggi sono conosciuti in tutto il mondo. La storiella serve a dire che senza collegamenti una zona non può e non potrà mai decollare. E se nei primi anni del novecento Francis Scott Fritzgerald o Truman Capote o Hermann Hesse e Proust e Nietzsche e mezza Hollywood andavano a svernare o a passare le acque a Sankt Moritz era sì perchè trovavano case e alberghi degni di loro, ma soprattutto perchè ci arrivavano con le loro decapotabili oppure con il treno che partiva da Milano o con l'aereo e il treno che li aveva portati a Zurigo o con i primi bimotori che atterravano e ripartivano a un paio di chilometri dalla loro meta. Le vie di comunicazione hanno portato su quei quasi 2.000 metri di altezza tutta una serie di servizi: ospedali di prim'ordine, cliniche, servizi postali e via dicendo. Il tutto oltre un secolo fa. L'obiettivo attuale di quelle autorità (Cantone dei Grigioni) è di incrementare i collegamenti e non c'è anno in cui non si aggiunga una tratta ferroviaria, un servizio di pullman, un nuovo volo e che le strade non vengano ampliate (e parliamo di passi alpini). Il risultato è, orrore degli orrori, che ormai decine di treni e di pullman scaricano a Sankt Moriz centinaia di giapponesi, americani, arabi, inglesi, russi e via dicendo. Se gli chiedete perchè sono lì vi risponderanno che non è stato difficile arrivarci e l'Engadina è così vasta che è impossibile trovarci una coda.
Due settimane fa, e questa è storia personale, sono stata a Salisburgo in treno da Udine via Villach. Il treno proseguiva per Vienna e ho passato oltre un'ora a programmare un prossimo viaggio (incursione l'ho chiamata, ahimè) nella capitale austriaca chiedendomi come fosse possibile disporre di un treno sottocasa e di non utilizzarlo con maggior frequenza.
Tre giorni fa sono stata, sempre in treno, a Milano. Ho perso le coincidenze a Mestre sia in andata che in ritorno (lavori sulla Trieste- Udine in andata e neve sulla Milano-Torino al ritorno). Complessivamente, su 48 ore ne ho trascorse 12 e passa in treno rimuginando che non è possibile vivere in una città priva di collegamenti.
E non sapevo ancora che in treno a Vienna non ci potrò più andare (e nemmeno a Villaco dove ci sono le coincidenze per Monaco, Zagabria e il resto d'Europa) e che per Milano tutto diventa ancor più complicato. Se poi volessi prendere un aereo potrei giovarmi dei numerosi voli che da Ronchi dei Legionari portano a Malpensa cioè a Varese dove però non conosco nessuno e non avrei niente da fare. Pare comunque che sarà più semplice andare a Buttrio. E' questa è una gran consolazione.

COME DIO COMANDA


Domenica 14 dicembre ore 10.30. Radio Metrò. Mini intervista a Gabriele Salvatores. Domanda: "Come ci si sente a girare in una landa desolata del nord-est come il Friuli?". Risposta che non attiene alla domanda ma piccolo promo.

13 dicembre 2008

RITORNO AL PASSATO


A Villa Manin! A Villa Manin! Arrivano Carot e Schiele e Zigaina e tutti i fratelli Basaldella! Evviva!
Cultura è fatta.

COME COMANDA SALVATORES


Quel simpaticone di Gabriele Salvatores che ha girato un tenebroso film in Friuli (ci ha messo forse dei soldi la Film Commission della Regione?) nel parlarne sul Magazine del Corriere dice che è definito (il Friuli) "il pisciatoio d'Italia". Si riferisce ovviamente al fatto che piove sempre e che nel suo film di pioggia se ne vede a secchi.
Il paragone è maldestro ma Australia, il film sugli schermi con la deliziosa Nicole Kidman (australiana), è stato finanziato dal governo di quel Paese con il preciso obiettivo di creare negli spettatori un'impellente bisogno di visitarlo. Ma, appunto, è un altro film.

LE PRIMARIE DEL PINO


Chissà se succederà in settembre o in ottobre! La città sarà quieta dopo che le scuole sono iniziate e si apre quel periodo che va da Friuli Doc a Santa Caterina. Forse potrebbero essere proprio questi i magici momenti in cui la cittadinanza tutta sarà chiamata, via Facebook o sai-tu-cosa, a decidere che tipo di albero di Natale sistemare in piazza. L'ha pensata bene il vicesindaco Martines, che ha ancora l'allure del ragazzetto e che ne inventa una più del diavolo. L'albero tecnologico 2008 non piace? Vorrà dire, così deve aver pensato, che si faranno le primarie del pino. Ci metteremo tutti in fila davanti ai gazebo e risponderemo a qualche insidiosa domanda del tipo: "Vuoi che venga allestito un albero ecologico o preferisci che venga espiantato dalla terra un albero vero andando così ad alimentare il dissesto idrogeologico che sta producendo disastri su scala mondiale come è dimostrato dagli incendi a Hollywood (Martines è un cinefilo) e le esondazioni lungo il rio delle Amazzoni?". E noi che già ci sentiamo dei disgraziati per il fatto di vivere di straforo con 23 gradi in casa, di aver tenuto tutta l'estate l'aria condizionata a manetta alla faccia del buco dell'ozono e tutto il resto, saremo lì che ci tormenteremo, divisi come saremo, tra il filone consumista pinista e quello che ci imporebbe il salvataggio del pianeta.
Potremo, approfittando dell'estate, costituire dei micro partiti (i cespugli dei cespugli) pro e contro il pino e ci saranno certamente anche i centristi che terranno, come sempre, il piede in due staffe e che avranno anche l'appoggio (non dichiarato) di Ferruccio Saro. Honsell&Martines faranno una campagna pro traliccio e chiederanno il sostegno dell'Abs mentre i consumatori accaniti si avvarranno dell'appoggio dell'Upim che vedrà nell'operazione un ottimo mezzo per vendere palle dismesse. I sostenitori del pino esporranno palle su palle e saranno appoggiati da Babbo Natale in persona. Le primarie del pino - alle quali si potrà votare anche via fax - non porteranno a nessun risultato concreto e sarà necessario ricorrere a un sorteggio la cui autenticità sarà seriamente compromessa da H&M che, per far valere la loro tesi ("no alle palle sui rami" sarà il loro slogan), utilizzeranno cultura e urbanistica e mediatori culturali aizzati da Volpe Pasini alleato, per l'occasione, dei rom.
Sarà un momento difficilissimo per la città e non ci saranno nè vincitori nè vinti perchè quel furbone di Saro alla fine convincerà le parti a mettere un pino da una parte e un traliccio dall'altra. E arriveremo al prossimo Natale così stremati che, alla fine, di un pino o di un traliccio non ci interesserà proprio niente.

7 dicembre 2008

FRANZIL KRISTIAN? PRESENTE E ASSENTE

E’ difficile accettare che una Giunta comunale di sinistra, progressista e riformista come quella che regge Udine possa esibire inaccettabili livelli di intolleranza. Mi riferisco al progetto orgogliosamente sbandierato dall’assessore all’istruzione del comune di Udine Kristian Franzil. Il buon assessore preannuncia un patto tra comune e scuole cittadine per evitare l’iscrizione indiscriminata di bambini extracomunitari nelle varie classi. In altre parole questi bambini dovranno essere discriminati e divisi d’imperio fra classi diverse per non disturbare con il loro numero gli alunni udinesi. Che vergogna! E l’uguaglianza? E l’accoglienza? E il superamento della condizione di diverso? Come potremo instillare l’educazione civica nella mente di questi nostri nuovi concittadini se fin da piccoli li spostiamo come merce a nostra discrezione (un pò qua e un pò là)

Ma non basta. L’assessore Franzil ha avuto un'altra idea progressista e riformista: il mediatore culturale. In virtù di una apposita convenzione (quanto costa?) ci saranno persone che andranno nelle classi a fare mediazione linguistica . Ma come si fa ad umiliare fino a questo punto questi bambini? Così facendo si instaura una vera e propria forma di apartheid culturale, un segregazionismo che nella nostra città non avremmo voluto mai vedere. Anche per i pericoli futuri che nasceranno da questo gretto atteggiamento della Giunta. Pensate ai segni che resteranno nella mente di questi bambini anche quando saranno diventati grandi e ai conseguenti disordini che si verificheranno fra quindici o vent’anni nella banlieue udinese.

Francamente questo non ce lo saremmo mai aspettato da un Sindaco che ama la cultura occidentale al punto da usare l'inarrivabile accento di Stanlio e Ollio.

Gianni Nistri

6 dicembre 2008

ROBE DA PRETI

CITTA' DEL VATICANO - Viene dall'Austria l'abete rosso che verra' decorato per il Natale di piazza S. Pietro. Ha 120 anni ed e' alto 33 metri. E' stato donato dal comune di Gutestain. La decorazione prevede piu' di duemila palline e una grande stella in cima. Verra' acceso sabato 13 dicembre. Dagli stessi boschi austriaci provengono una quarantina di abeti piu' piccoli che decoreranno gli ambienti del Vaticano. (Agr)

5 dicembre 2008

COME SI FA UN ALBERO DI NATALE


Sarà una deformazione professionale o semplicemente buonsenso, ma un paio di dritte su come allestire un albero di Natale è impossibile non rifilarle al sindaco e ai suoi consigliori che per castigo dovrebbero passare tutte le feste comandate sotto l'orrido attrezzo piramidale inopinatamente montato davanti al Duomo di Udine (dicono che star sotto una piramide aguzzi l'ingegno).

La procedura è questa.

1. Contattare il servizio forestale regionale e chiedere se può fornire un abete o conifera adatta alla circostanza di circa 5/8 metri di altezza.
2. Telefonare all'assessore delegato alle foreste e chiedergli se, una mano lava l'altra, può combinare di far trasportare il pino fino in piazza Duomo.
3. Telefonare agli alpini dell'Ana e chiedere se possono dare una mano e fare un piccolo studio tecnico per mantenere l'albero diritto e saldo nonchè provvedere personalmente al montaggio.
4. Mandare un comunicato stampa ai giornali in cui si dice che il pino, a bordo di un camion, farà il seguente percorso, bla bla bla bla e che l'Ana contribuirà a rizzarlo e che è stato donato dal servizio Forestale che lo rimetterà a dimora l'8 gennaio.
5. Fare richiesta formale all'Enel di sponsorizzare l'energia elettrica necessaria a illuminare le lucine a basso consumo che saranno installate su pino e, già che c'è, di sponsorizzare le lucine stesse.
6. Predisporre con gli uffici comunali e l'Enel l'allacciamento elettrico alla cabina che si trova in piazza Duomo.
7. Fare domanda a se stessi da girare all'ufficio vigilanza urbana di occupazione del suolo pubblico.
8. Verificare con i Vigili del Fuoco eventuali problemi di sicurezza.
9. Stipulare un'assicurazione per eventuali danni a terzi.
10. Chiedere all'Istituto Sello, tramite il preside, di preparare tante palline di vetro o plastica quanti sono i comuni della provincia di Udine e decorarli con i relativi nomi ecc.
11. Organizzare l'arrivo del pino in piazza Duomo con fotografi e comunicati stampa.
12. Organizzare l'accensione pubblica delle luci con sottofondo musicale.
13. Volendo strafare organizzare ogni pomeriggio o un paio di volte alla settimana delle piccole esibizioni di gruppi musicali (musica classica e comunque natalizia).
14. Mandare un comunicato stampa in cui si ringrazia tutti per la collaborazione e si invita i cittadini a contribuire con propri addobbi all'allestimento dell'Albero di Natale 2009 quando, si dirà, ognuno potrà portare i suoi addobbi che saranno posizionati dagli alpini dell'Ana.
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5. Mandare una lettera di ringraziamento all'Enel, alla Regione, ai Vigili Urbani, al preside del Sello, ai vigili del fuoco.
16. Redigere un consuntivo di spesa e verificare quanto poco possa costare (forse niente) un albero che rende felici tutti.

DINAMO ZAGABRIA A MERENDA


Non solo la città può vantare l’unico traliccio di Natale esistente sul pianeta ma anche rivendicare un portentoso senso di ospitalità manifestato con la sobria accoglienza al manipolo di hooligans croati al seguito della loro squadra. L’idea di per sé non era infelice: invece di lasciarli scorazzare in città li blindiamo sotto un gazebo in piazza Primo Maggio e da lì li spediamo direttamente allo stadio.
Non è che quella piazza l’altro giorno fosse esattamente tranquillizzante con la polizia (giustamente) schierata al gran completo e con ampio armamentario, ma ciò che lasciava interdetti era l’improvvida distribuzione di prosciutto, vini e birra doc.
Non è per essere razzisti o classisti ma, a occhio e croce, era immaginabile che quei crani rasati non potessero essere equiparati a dei pacifici turisti da dover fidelizzare con leccornie del posto. Tant’è che ai baristi era stato fatto divieto di alimentare il tasso alcolico dei giovinastri che comunque, come i loro colleghi inglesi, avevano pensato bene di portarsi le provviste da casa.
Invece di infilare nei pullman i trolley di Vuitton con i cachmerini di ricambio, i nostri eroi croati hanno sistemato nella cambusa quanta più birra e vino potesse accogliere e, allietati dalla buona compagnia, sono sbarcati in piazza Primo Maggio dove, sorpresa! non solo hanno trovato pane e grissini per i loro denti e stomaci, ma anche quel rinforzo alcolico che normalmente viene negato nelle città che ospitano le loro rocambolesche trasferte.
Non è che ci voglia molto per conoscere le prodezze dei nazitifosi della Dinamo che nella loro città sono guardati a vista da cecchini e guardie scelte, certo è che l’accoglienza è stata pari a quella che potrebbe essere riservata a un gruppo di pellegrini sulla via della Madonna nera di Cracovia e che normalmente sono costretti a mangiarsi la mortadella sulla riva del Castello.
Gli esuberanti ragazzi, ben pasciuti, non hanno comunque resistito alla tentazione di compiere qualche razzia e, allo stadio - com’è e come non è - , ci sono entrati con tutto il loro armamentario di petardi necessari a sottolineare la loro gioiosa presenza.
Se non fosse che la partita è stata ripresa nonostante il puzzo di polvere da sparo, Udine avrebbe potuto dire di aver subìto il danno e la beffa. Nel parapiglia, e grazie forse anche al rimbocco di alcol per mano locale e benedizione pubblica, uno dei tizietti è volato giù dagli spalti e qualcuno, per un motivo o per l’altro, si è anche fatto un supplemento di gita dalle parti di via Spalato ed è proprio una fortuna che non abbiano avuto a portata di mano un albero di Natale da saccheggiare.
Storia di ordinaria tifoseria e di ordinaria ospitalità.

3 dicembre 2008

NATALE A UDINE


Il ragionier Fantozzi l’avrebbe definito una boiata pazzesca. Il riferimento è al macabro scheletro di albero di Natale piazzato davanti al Duomo di Udine e subito affrontato dai cani di passaggio come una palizzata per agility dog. Ma questo passa il convento (Comune) da qualche anno a questa parte perseguendo la bizzarra idea che da queste parti del Natale ce ne facciamo un baffo e che vadano retro le pigne di Villaco, le ghirlande di Salisburgo per non parlare dei festanti abeti del trentino o di quei pazzi di newyorkesi che, oltre a farsi ammazzare per comprare un articolo in saldo nel venerdì nero, accendono talmente tante lucine che se poi non firmano il protocollo di Kyoto è per coerenza pura.
Lasciamo stare il milione di led del Rockfeller Center e lasciamo pure perdere quei miscredenti e abeticìdi che sono i veneti e i trentini e su su fino oltre il mar Baltico, ma un albero natalizio, diciamocelo, non si dovrebbe negare a nessuno.
E sì che pensavamo di aver toccato il fondo l’anno in cui, in occasione del Natale, piazza San Giacomo era stata trasformata in una macabra vasca blu con luci stroboscopiche da discoteca albanese che se appena appena ci passava un tizio con problemi di neuroni cadeva dritto nella vasca vuota in piena crisi epilettica.
L’attrezzo spuntato in piazza Duomo altro non è se non la continuità con quell’epoca, diciamo da Cecotti in poi, che ha visto sparire da Udine gli alberi di Natale che sono, per chi non lo sapesse e lavora a Palazzo D’Aronco, quelle conifere sulle quali degli esseri ingenui e certamente limitati d’intelletto da qualche secolo (Riga, Lettonia, 1510 dC) usano appendere palline colorate, lucette, fili d’oro e d’argento. Mettere un abete in un vaso (noi poveretti generalizziamo e diciamo tradizionalmente ancora “pino”) o in un traliccio in grado di reggerlo per poco più di un mese per poi ripiantarlo magari al parco del Cormor, deve sembrare ai nostri amministratori pura follia o qualcosa di demoniaco associato a quello smandrappone di Haider che per qualche anno ci ha mandato un pino vero dalla sua regione e con quella punta in aria in piazza Libertà sai tu che cosa voleva che evocasse.
Nel dicembre del 2007 si è rischiata una guerra (da quelle parti hanno il grilletto facile) tra la Moldova e la Transnistria a causa di un albero di Natale sottratto dalla piazza nientemeno che dal presidente di una di quelle sedicenti repubbliche. Noi crediamo che se il magnifico sindaco in persona e nottetempo volesse disfarsi dell’orrido orpello, troverebbe una cittadinanza grata disposta a offrirgli clandestinamente una fetta di panettone sotto un autentico, sia pur agè, albero di Natale. Merry Christmas to you.