13 gennaio 2009

CHI HA PAURA DELL'ARTE CONTEMPORANEA?


Vale la pena soffermarsi sul destino di Villa Manin trasformata, durante la giunta la giunta Illy, in Centro d'Arte Contemporanea ed ora destinata ad accogliere l'arte più tradizionale e scontata (compresa quella dei mitici e rivoluzionari fratelli Basaldella ormai esposti, mirabilmente, in innumerevoli sedi internazionali).
Illy, che qualcosa di arte contemporanea ci mastica (quantomeno bevendola attraverso le tazzine del suo caffè), aveva - di fatto - sistemato due amici o stimati conoscenti: il più criticato dei critici Francesco Bonami (ora infilzato dai suoi colleghi a Palazzo Grassi per la discussa mostra Italians) e Sarah Cosulich, sveglissima figlia di quel Silvio che è stato uno dei grandi supporter del segaligno ex presidente. Due curatori, con gerarchie alternanti, ai quali è stato concesso di ospitare in quella che è la Villa veneta più bella e significativa del Friuli, i nomi più prestigiosi e altisonanti dell'arte contemporanea mondiale.

Piazzare Damien Hirsch o Tarashi Murakami (tra gli altri) in una villa veneta in mezzo ai campi è stata un'operazione rischiosa ma, chi si è avventurato sin là nel corso degli ultimi anni, ha potuto ammirare opere eccelse – discutibili per collocazione o contesto - contese dai maggiori musei e gallerie del mondo e in transito quantomeno dalla Serpentine di Londra al Museum of Contemporary Art di Los Angeles.

Il buonsenso diceva che non era immaginabile che la gente corresse in massa a vedere prodotti artistici complessi, a volte anche di discutibile interpretazione, in una Villa che è di per sè un'opera d'arte che di contemporaneo non ha niente. E infatti, ben pochi eletti hanno avuto l’intuizione e la fortuna di imbattersi in opere che probabilmente non vedranno mai più ma che, in un modo o nell'altro, hanno fatto girare il nome della nostra regione nei santuari della cultura internazionale.
L'investimento della Giunta Illy su Villa Manin non ha dato naturalmente risultati in termini di popolarità e di ritorno economico. Oltre alla logistica impossibile (un centro d'arte contemporanea è per sua natura un prodotto urbano!) ha certamente remato contro la sensazione che Illy abbia voluto giocare la carta dell'arte contemporanea in maniera autoreferenziale soprattutto per fare un enorme favore ai due curatori che oggi possono vantare nel resto del mondo (l'arte contemporanea è ben più integrata nell'oggi, degli impressionisti) un'esperienza e una buona familiarità con artisti forse discutibili, ma in vetta alla hit parade dell’arte contemporanea mondiale.
A chi è giovata quindi questa operazione? A Bonami e alla Cosulich, su questo non ci sono dubbi. Ma avrebbe potuto giovare anche agli abitanti della regione e alla loro sensibilità se Illy avesse fatto uno sforzo ulteriore facendo promuovere non solo le singole mostre ma soprattutto il Centro in quanto tale.
Il Mart di Rovereto (questo avrebbe potuto diventare Villa Manin se solo...) ha fatto, alla sua apertura, una delle campagne di comunicazione più sensazionali di cui si abbia memoria nel nostro paese. E oggi ci sono migliaia di persone che si arrampicano fino a Rovereto (paesotto sul cilio dall’autostrada del Brennero) per vedere il Mart prima (con un temerario intervento dell’architetto Botta), e le mostre che ospita poi. Lo stesso vale per il Castello di Rivoli di Torino, splendida location rivisitata per farne un centro culturale di prim’ordine.
Villa Manin Centro d'Arte Contemporanea, prudentemente privato anche di un intervento architettonico caratterizzante, è stato in questi anni un oggetto misterioso e soprattutto misconosciuto perchè non basta dire che sono esposte opere di Cattelan (tanto per citare l’artista più chiacchierato) per portare visitatori in un luogo che con Cattelan (sconosciuto ai più) non c'entra nulla.
La gente ha continuato ad andare a Villa Manin per vedere il piccolo letto di Napoleone e quasi sempre è rimasta frastornata davanti a opere d'arte così aliene rispetto alla residenza dogale.
Eppure. Eppure, se la Giunta Illy avesse operato con lungimiranza e senza troppa accondiscendenza nei confronti dei curatori (la vicenda delle cene con i Vip è, al confronto, chiacchiera da phonista), la regione potrebbe oggi disporre di un vero centro d'arte contemporanea perchè in questi anni Villa Manin, sia pur cripticamente, lo è stata nonostante si sia trattato di una destinazione per addetti ai lavori: non basta fare delle mostre di prestigio super elitarie per far diventare il luogo in cui si tengono una sede di culto per il resto del mondo.

Messa così si potrebbe dedurre che in realtà a Illy, sistemati i suoi amici e i potenziali decoratori di tazzine, del Centro d’Arte Contemporanea si sia interessato ben poco. Non si giustificano altrimenti alcune vistose lacune: non è mai stata sistemata una segnaletica stradale che indicasse il Centro, non sono stati considerati i collegamenti, non si è integrato il centro con il resto del territorio, non si è fatto sistema con il circuito culturale regionale e nazionale, ogni proposta di attività culturale parallela è stata vista con fastidio. Ed è stata questa noncuranza che ha consentito alla nuova Giunta di azzerare in un batter d’occhio questo investimento, certamente incompiuto, ma potenzialmente in grado di dare a questa regione un energico valore aggiunto.

Ci si sarebbe potuti aspettare un cambio di sede (opportuno), oppure una rimodulazione del progetto (sensato), una sostituzione dei responsabili (comprensibile) ma non una cancellazione così violenta di un lavoro che comunque ha coinvolto centinaia di artisti molti dei quali, lo si è detto, di indiscutibile e meritata fama.

Certo è, e qui sta il vero problema, che l’arte contemporanea è fortemente ideologizzata così come lo è tutto ciò che è sperimentale e d’avanguardia: dal teatro al cinema, dalla moda alla musica, dalla letteratura alla fotografia. L’equazione arte, cultura, sinistra, intellettuali, rimane granitica e sino a quando il centrodestra non affronterà questo problema dimostrando di avere le carte in regola per appropriarsi anche di quei mondi che ancora considera, scioccamente, perduti, accadrà che ogni amministrazione non di sinistra si attivi per eliminare tutto ciò che ritiene culturalmente e ideologicamente ostile. Invece di entrare in relazione con la cosiddetta “intellighenzia” il centrodestra la ignora e, lo stiamo vedendo, se possibile la elimina.

Ma tra uno scicchissimo e quotatissimo Cattelan che espone un cavallo o impicca fantocci o un Hirsch che mette le pecore in formalina e lo scontato e amabile dejeneur sur l’herbe ci sono infinite sfumature che corrispondono all’area in cui si crea il nuovo, si sviluppano movimenti, nuove tendenze: materiale potenzialmente pericoloso che è però la rampa di lancio della cultura dell’oggi e del domani. Il centrodestra è abilissimo nel cestinare artisti e movimenti e iniziative ma, sino a quando non si approprierà dello spazio culturale oggi colonizzato per mancanza di alternative, sarà costretto a procedere per eliminazione e sostituzioni sperando che, nel nostro caso, Cainero e il navigatissimo Goldin valgano bene una Villa.

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