14 gennaio 2009

IL MARKETING DELLA CASA DI CURA


Poniamo che la clinica Città di Udine avesse chiesto a uno studente del secondo anno di Pubbliche Relazioni che cosa ne pensasse, dal punto di vista della ricaduta d'immagine sull'azienda, dell'eventualità di accettare l'invito ad indurre la morte pilotata su una persona celebre (suo malgrado).
Lo studente, a cui i genitori hanno insegnato ad utilizzare il buonsenso e che agli esami tutto sommato se l'è cavata, certamente avrebbe risposto che non era il caso di infilarsi in un pasticcio del genere.
Il ragazzo, data l'inesperienza, non avrebbe saputo certamente degli intrighi politici, delle promesse tra parlamentari e proprietà, della confusione creatasi tra l'idea di essere degli evoluti e quella di essere dei conservatori oscurantisti, dei rapporti tra gli esecutori della volontà della celebrity e le cosiddette autorità.
Nonostante ciò avrebbe intuito che il rischio di trovarsi con le fiaccolate dei cattolici o degli atei dubbiosi (elettori) in viale Venezia o davanti alla trattoria del presidente o in piazza Unità a Trieste era piuttosto elevato.
Nel frattempo la proprietà della clinica, che furbescamente aveva girato la responsabilità alla Regione (alla luce del casino combinato da Sacconi che si era dimenticato di parlarne con Saro) sottovalutando che Ponzio Pilato è l'ispiratore dell'azione dell'attuale amministrazione, si era attrezzata con pareri legali (chi li pagherà?) oltre che con una squadra di medici volontari.
La vicenda sembrava potesse scorrere via liscia fino a quando non è stato reso pubblico che la morte pilotata sarebbe durata 15 giorni.
E' a quel punto che anche i più accaniti dei possibilisti hanno iniziato a dubitare che fosse quella la strada giusta, convinti com'erano che tutto si sarebbe risolto con la facilità con la quale normalmente si porta il gatto agonizzante dal veterinario.
Il futuro e giovane comunicatore a quel punto avrebbe consigliato alla clinica di dietreggiare anche perchè più d'un passante aveva iniziato a fare gesti scaramantici dopo aver fatto la spesa da Panorama. Non solo. Il giovanotto, che certamente smanetta sul Pc, avrebbe scoperto che su Facebook qualcuno aveva costituito un gruppo intenzionato a boicottare la clinica.
A quel punto avrebbe avvertito i tenutari della Casa di Cura che forse sarebbe stato meglio evitare sin dall'inizio di compromettersi in una vicenda così delicata che - quanto sarebbe stato imprudente quel ragazzo!!!! -, rischiava di trasformarsi in un boomerang per la clinica stessa:
sai tu che un tizio che doveva farsi un prelievo, o una tac o qualsiasi altro esame o farsi ricoverare, avesse pensato "No, lì proprio non ci metto piede"?
La situazione si è così rovesciata. La casa di cura, che pensava di fare una buona operazione di marketing (qualcuno DEVE aver detto: "vedrete che si parlerà di voi in tutta Italia, diventerete famosi e ci sarà la coda di malati pronti a farsi stecchire da voi") alla luce dei dubbi avanzati dallo studente avrebbero pensato che forse non era stata una grandissima idea e che, ascoltare i consigli dei politici, lo era stato ancor meno. Insomma, il ragazzo avrebbe detto - perchè i ragazzi sono schietti e parlano così - che dal punto di vista dell'immagine l'operazione si sarebbe tradotta in un terribile flop e che, per una casa di cura far passare l'idea che è una casa della non cura non sarebbe stata un'idea geniale.
Come se non bastasse, l'esecutore della volontà della giovane era andato da Fabio Fazio (ah! il fascino della televisione e la sua forza, il suo potere! Come resisterle?) a perorare la sua causa proprio mentre tutto sembrava traballare e forse, chissà, gli uscieri della casa di cura si erano accorti che i pazienti entravano con un certa circospezione o forse non entravano affatto.
Tutte queste cose lo studente, che da grande vuole fare il comunicatore, le avrebbe detto all'inizio di tutta la storia quando da Udine si era levato il grido "Da noi! Da noi!". E avrebbe detto che se si vuole restare sul mercato bisogna rispettare delle regole e che l'immagine non è acqua e che questa causa era persa, agli occhi dell'opinione pubblica, alla faccia della Cassazione e dei legali. Insomma, avrebbe consigliato di staccare i telefoni quando avrebbero chiamato i politici e di migliorare i servizi, di ridurre i tempi di attesa e tutte quelle cose lì che alla gente piacciono tanto e che sono anche piuttosto utili.
Udine non sarebbe apparsa sulla cronaca nazionale, il presidente della regione nemmeno, Sacconi non avrebbe dovuto spiegare niente a Kosic, la Cassazione avrebbe fatto il suo mestiere e i legali pure e forse un sano silenzio avrebbe giovato a molti.
Se invece di chiedere al ragazzotto qualche consiglio quelli della Casa di Cura li avessero chiesti a me, li avrei obbligati proprio al silenzio. Obbligati. Perchè il marketing, avrei detto, funziona così.

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