MessaggeroFriulano
Storie e controstorie da una terra di confine
15 settembre 2013
13 dicembre 2011
29 ottobre 2010
A proposito di sicurezza stradale copiata male
Questo è il progetto presentato nel 2009 in tema di sicurezza stradale . Al suo posto è scattata l'operazione Easy Foot culminata con l'installazione di alcune sagome nere (notoriamente il colore ideale per essere notato alla sera quando i pericoli alla guida sono più alti) con il cuore disegnato in rosso. Se si è ben capito le sagome sono state sistemate nei punti a più alto rischio di incidenti stradali. Quando avevo fatto la ricerca che ha portato alla presentazione di questa bozza di progetto avevo trovato un certo numero di esempi, nel mondo, di utilizzo di sagome. L'iniziativa è stata attuata, negli Stati Uniti ma anche in Gran Bretagna e in Australia, con finalità educative da parte degli alunni di scuole medie ed elementari delle località interessate a un progetto di sicurezza stradale. A nessuna persona o ente di buon senso è venuto in mente, nel resto del mondo dove da anni si applicano programmi di questo tipo, la sistemazione di sagome tout court senza, per altro, alcuna spiegazione. Un programma di sicurezza stradale promosso da un ente pubblico deve avere degli obiettivi (riduzione del numero dei decessi sulle strade? limitazione dell'uso dell'alcol alla guida? adozione di comportamenti d guida sicura?) quantificabili, realistici e controllabili. Ahi, ahi, ahi!!!
Maria Bruna Pustetto 2009
Progetto per un’attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema della sicurezza stradale
Maria Bruna Pustetto 2009
Progetto per un’attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema della sicurezza stradale
NOI FACCIAMO LE STRADE
VOI LE RENDETE SICURE
Campagna per la guida responsabile
nel Friuli Venezia Giulia
WE BUILD YOUR ROADS.
SAFETY IS YOUR.
Campaign for responsible drive
Progetto
Strade Sicure
SSFVG
“In un momento in cui nel mondo ci sono sempre più amministrazioni e soggetti pubblici che mirano alla tolleranza zero in tema di sicurezza stradale, anche una sola morte per incidente deve diventare inaccettabile. Un morto ogni 13 minuti rappresenta per l’Italia un vero e proprio oltraggio”
Altero Matteoli Ministro dei trasporti
INTRODUZIONE
L’imperativo etico che sta alla base di tutti i progetti che su scala internazionale vengono elaborati dalle pubbliche amministrazioni per ridurre gli incidenti stradali è
Non può essere eticamente accettabile che delle persone vengano uccise o gravemente ferite mentre utilizzano il sistema stradale (Tingvall and Haworth, 1999)
Il progetto, che convenzionalmente chiameremo SSFVG, è stato elaborato sulla base di quanto previsto dal Piano Regionale della Sicurezza Stradale della Regione Friuli Venezia Giulia ………….
Gli studi realizzati nei paesi europei e anglosassoni dimostrano che la comunicazione/formazione rivolta agli utenti di un unico tratto stradale ha una rilevanza molto contenuta rispetto a un piano generale di comunicazione e formazione alla sicurezza stradale indirizzato a tutto il territorio che comprende il tratto interessato.
Nel nostro caso risulta quindi evidente, e coerente con il Piano Regionale per la Sicurezza Stradale, la necessità di intervenire su tutto il territorio regionale ponendoci degli obiettivi precisi e intervenendo con un approccio multidisciplinare alla luce di quelle che risultano essere gli interventi di quanti sono coinvolti in un progetto di sicurezza stradale,
In particolare è compito della pubblica amministrazione
da un punto di vista istituzionale
1. Fare della sicurezza stradale una priorità politica
2. Definire un approccio multidisciplinare in materia di sicurezza stradale
3. Fissare degli obiettivi raggiungibili in tema di sicurezza stradale e adottare un piano coerente con quelli nazionali
4. Favorire la promozione della sicurezza stradale
5. Destinare un budget alla sicurezza stradale e investire in attività manifestamente efficaci
Inoltre, in collaborazione con le autorità preposte (polizia stradale ecc.),
- Far applicare le leggi che rendono obbligatorio l’uso della cintura di sicurezza, l’utilizzo del seggiolino per i bambini così come l’utilizzo del casco in moto
- Applicare le leggi che mirano a prevenire la guida in stato di ebrezza
- Fare in modo che siano rispettati i limiti di velocità
- Assicurarsi che le considerazioni relative alla sicurezza stradale tengano conto del contesto ambientale e di nuove discipline e nella definizione di politiche e piani di trasporto
- Favorire servizi di trasporto pubblico sicuri e a prezzo abbordabile.
per quanto riguarda il settore della sanità
- Inserire la sicurezza stradale tra le attività di promozione della salute
- Raccogliere sistematicamente dati sulle caratteristiche e sulle conseguenze sanitarie degli incidenti stradali
- Tradurre i dati scientifici in azioni politiche e in attività finalizzate a proteggere gli automobilisti e gli altri occupanti delle auto sulle strade particolarmente pericolose
- Incoraggiare una maggiore integrazione tra le materie relative la sanità e quelle riguardanti la sicurezza stradale
Un ulteriore elemento di valutazione riguarda l’incidenza degli incidenti stradali nel Friuli Venezia Giulia che risulta tra le più elevate d’Italia (“nel quinquennio 2000-2004 il FVG risulta la seconda regione italiana per maggior numero di morti ogni 100.000 abitanti e il valore del tasso medio supera di oltre il 40% quello medio nazionale”) e la constatazione che la velocità ne è la prima causa.
La velocità rappresenta un fattore cruciale nella sicurezza stradale. Si stima che dal 25 al 30% degli incidenti siano dovuti a un eccesso di velocità. La relazione tra velocità è incidenti è complessa ma in termini generali è appurato che più alta è la velocità maggiore è il rischio di avere un incidente e più alta è la possibilità di avere un incidente e più grave risultano le conseguenze dello stesso.
Nonostante i limiti di velocità, risulta che dal 40 al 45% degli automobilisti non li rispetta e ci sono paesi, come l’Olanda, dove ci si è dati l’obiettivo di ricondurre tutti gli automobilisti, nell’arco di dieci anni, a tenerne conto.
La funzione di un sistema del traffico è di trasportare persone e cose velocemente, in maniera sicura, poco costosa e, possibilmente, nel rispetto dell’ambiente. In sostanza i termini “sicurezza” e “velocità” si contraddicono. In generale l’alta velocità riduce i tempi di trasporto e aumenta l’accessibilità, ma l’alta velocità non si concilia con la sicurezza stradale. Basti pensare che una delle cause maggiori di congestione del traffico deriva dalla presenza di incidenti stradali causati quasi sempre proprio dall’alta velocità. Il rispetto dei limiti di velocità rende il traffico più scorrevole ed omogeneo e abbassa in maniera sensibile il rischio di incidenti (le regioni dei paesi del nord Europa che hano adottato il progetto Vision Zero impongono il rispetto rigoroso dei limiti di velocità e, nelle aree in cui questa bitudine si è sedimentata tra gli automobilisti, gli incidenti stradali hanno subito una drastica riduzione soprattutto in termini di gravità).
E’ per questo motivo che l’obiettivo più realisticamente raggiungibile è aumentare la visibilità del tema della sicurezza stradale per giungere alla riduzione degli incidenti (con morti e/o feriti) causati dalla velocità (sovente associata all’abuso di alcol e droghe) sulle strade provinciali, regionali, statali e autostrade del FVG. |
E’ questo il contenuto del progetto SSFVG.
OBIETTIVI
SSFVG è un progetto regionale di sicurezza stradale che coinvolge tutti i soggetti che operano sul territorio e che condividono l’obiettivo comune di ridurre gli incidenti causati dalla velocità sulle strade e autostrade del FVG.
Il livello di morti e feriti in incidenti stradali è infatti inaccettabile e richiede la collaborazione e coinvolgimento di tutti i soggetti in qualche modo sensibili al tema della sicurezza stradale.
I vantaggi del SSFVG sono
. Stabilire degli obiettivi su scala regionale e le relative priorità
. Rafforzare le partnerships esistenti
. Costruire una coalizione di soggetti interessati alla sicurezza stradale
. Raccogliere e condividere dati, conoscenze e risorse
. Affiancare all’attività di infrastrutturazione un’attività di formazione e conoscenza capace di influire seriamente sui comportamenti di guida sul sistema stradale regionale.
Ciò significa
acquisire e confermare la leadership in materia di sicurezza stradale e infrastrutture.
SSFVG richiede che siano fornite delle risposte iniziali ad alcune domande chiave quali: la situazione della sicurezza stradale sul territorio regionale, il grado di pericolosità delle diverse strade sulla base degli incidenti che si verificano, la visione della sicurezza stradale regionale nel periodo di cinque, dieci e venti anni da oggi.
La risposta a queste domande sarà essenziale nel rapporto con i diversi partners ben sapendo che un programa di sicurezza richiede una visione a lungo periodo.
PROGRAMMA OPERATIVO
EDUCAZIONE attività nelle scuole
FORMAZIONE attività al di fuori delle scuole diretta ai guidatori e agli utenti delle strade
COMUNICAZIONE realizzazione e distribuzione di materiale senza il contatto personale
Informazione attraverso la stampa
Pubblicazione settimanale di tutti gli incidenti avvenuti sul sistema stradale regionale riportando la relativa piantina.
Raccolta di dati
Il primo passo necessario per definire una strategie corretta di intervento è la conoscenza della situazione: dove hanno luogo gli incidenti? Che tipo di incidenti? Quali sono i fattori che li hanno facilitati? Chi e quante persone sono state coinvolte? La raccolta di questi dati consente, attraverso la loro elaborazione, di individuare i punti critici (livello di pericolosità delle strade, cause ecc.). Attraverso l’analisi dei dati (normalmente in possesso degli organi di polizia) è possibile individuare le aree prioritarie di intervento (p.e.: pedoni, incroci stradali, intersezioni stradali, cause come la guida distratta, la guida in stato di ebrezza, ecc.) e successivamente stabilire un obiettivo raggiungibile con i mezzi a disposizione.
Gli obiettivi realistici più immediati possono essere, ad esempio, la riduzione, nell’arco di quattro anni, del 20% dei morti o dei feriti in incidenti stradali sul territorio regionale.
Manuale di guida sicura in cui vengono spiegate, con linguaggio semplice, le correlazioni tra mente-corpo-guida, visibilità e spazio (più aumenta la velocità più si riduce il campo visivo), uso delle cinture di sicurezza, dei seggiolini per i bambini, funzionamento air bag, sicurezza del veicolo, dinamica dei veicolo (rapporto peso/velocità), dinamica delle forze, come affrontare le curve in velocità, accorgimenti che possono salvare la vita ecc.
Sito con la mappa di tutte le strade della regione (con l’utilizzo anche di Google Earth) aggiornato con tutti i tipi di incidenti che vengono rilevati dalla polizia stradale, municipale e dalle altre forze dell’ordine. Di ogni incidente sarà indicato la causa (velocità, alcol o altro), i numero dei morti o dei feriti, se il conducente usava o meno la cintura di sicurezza.
Il sito www.sicurezzastradale.regione.fvg.it (ipotetico) conterrà tutte le indicazioni relative alla viabilità, percolosità del percorso, lavori in corso, limiti di velocità, presenza di ostacoli, condizioni del tempo, video con indicazioni di guida sicura, manuali di sicurezza scaricabili ecc. E’ dimostrato scientificamente che “Quando si visualizza quante vite potrebbero essere salvate si interviene sul comportamento sia delle autorità addette alla sicurezza sia sugli utenti della strada” (Lee Munnich, University of Minnesota dove si sono fatti gli studi e le ricerche più approfondite al mondo in tema di sicurezza stradale).
Traffico e ambiente Il legame tra sicurezza stradale e ambientale è sempre più utilizzato in Europa per sensibilizzare gli automobilisti sull’uso consapevole dei loro mezzi di trasporto. Per esempio l’invito alla riduzione della velocità nei centri urbani oltre che alla sicurezza stradale può essere associato alla riduzione di emissioni di CO2 . L’introduzione del limite di velocità a 80 Kmh in alcuni tratti stradali in Francia, ad esempio, è stato motivato come una misura di carattere ambientale che si è dimostrata efficace nell’aumento della sicurezza stradale. Anche analoghi programmi orientati alla sicurezza stradale (www.hetnieuwerijden.nl) sono stati predisposti con l’obiettivo di combinare a questa anche la tutela dell’ambiente.
E FACENDO UN GIRO SU GOOGLE ALLA VOCE: silhouettes for safety road TROVIAMO PAGINE E PAGINE, TRA CUI:
Silhouettes to Slow Traffic for Student Safety
Yes it is true people respond to 'newness' until the novelty wears off. The Silhouette Children cutouts were placed in different positions along the road and changed in number over the one-week trial.
In addition, the cutouts are just one part of the program used to draw attention to speeding as an issue that affects children's safety. Students also used radar cameras and speed sentry trailers to remind drivers of their speed.
Following this, parents of the students signed 'Speed Limit Promises' and agreed to put a sticker on their car to make 'public' their committment to drive according to the speed limit.
Please see attached a summary of the program to date. The program has reduced the number of drivers speeding past the school by almost 50 per cent and longer-term changes are being monitored.
Published Date: 03 May 2007, 12:00 AM
Life-size silhouettes of children will be placed outside Melville Primary School next week in a bid to slow down traffic passing the school.
The City of Melville has created the upright silhouette cut-outs and an accompanying “Go Slow For Us” message to catch the eye of passing motorists, reminding them to keep within the 40km/h speed limit when travelling in school zones.
Travelsmart Officer Leon Ebbelaar said by travelling within the legal speed limit past school zones, motorists were making a statement of respect towards pedestrians and cyclists. “This encourages more people to walk and cycle, reducing traffic congestion and increasing a sense of community,” he said. “Travelling inside a car at 40, 50 or even 100km/h is very comfortable for the occupants, however, the situation is very different and even dangerous for people trying to cross the road, especially children.”
The Silhouette Children initiative is one of the ways the City of Melville is working with local schools, including Melville Primary, to reduce vehicle speeds to improve student safety and also to encourage students to walk and cycle when they can to improve their health and fitness and help the environment.
Mr Ebbelaar said the City first trialled the use of the Silhouette Children at Caralee Primary School in November and the silhouettes were very effective in slowing drivers who were interested in seeing what was happening. “The silhouettes also raised a large amount of discussion among drivers,” he said.
In February this year, the City of Melville hosted a TravelSmart to School Program run by Millennium Kids. Melville Primary was one of the schools to take part and develop a TravelSmart to School Action Plan that encourages children to walk and cycle to school where possible. Students raised vehicle speeds as one reason why parents wouldn’t let them walk and cycle to school.
Mr Ebbelaar said in addition to installing the Silhouette Children outside the school, Melville Primary would ask parents to sign a ‘speed limit promise’ and display a sticker on their rear bumper to let other drivers understand the importance of following the speed limit. “Drivers will also be able to put a small sticker on their dashboard to remind them of their interest in road safety,” he said. “During the use of the Silhouette Children, students will use a police-style radar gun to measure vehicle speeds and remind drivers that vehicle speeds affect students and their right to a safe environment.”
Travelsmart Officer Leon Ebbelaar said by travelling within the legal speed limit past school zones, motorists were making a statement of respect towards pedestrians and cyclists. “This encourages more people to walk and cycle, reducing traffic congestion and increasing a sense of community,” he said. “Travelling inside a car at 40, 50 or even 100km/h is very comfortable for the occupants, however, the situation is very different and even dangerous for people trying to cross the road, especially children.”
The Silhouette Children initiative is one of the ways the City of Melville is working with local schools, including Melville Primary, to reduce vehicle speeds to improve student safety and also to encourage students to walk and cycle when they can to improve their health and fitness and help the environment.
Mr Ebbelaar said the City first trialled the use of the Silhouette Children at Caralee Primary School in November and the silhouettes were very effective in slowing drivers who were interested in seeing what was happening. “The silhouettes also raised a large amount of discussion among drivers,” he said.
In February this year, the City of Melville hosted a TravelSmart to School Program run by Millennium Kids. Melville Primary was one of the schools to take part and develop a TravelSmart to School Action Plan that encourages children to walk and cycle to school where possible. Students raised vehicle speeds as one reason why parents wouldn’t let them walk and cycle to school.
Mr Ebbelaar said in addition to installing the Silhouette Children outside the school, Melville Primary would ask parents to sign a ‘speed limit promise’ and display a sticker on their rear bumper to let other drivers understand the importance of following the speed limit. “Drivers will also be able to put a small sticker on their dashboard to remind them of their interest in road safety,” he said. “During the use of the Silhouette Children, students will use a police-style radar gun to measure vehicle speeds and remind drivers that vehicle speeds affect students and their right to a safe environment.”
Yes it is true people respond to 'newness' until the novelty wears off. The Silhouette Children cutouts were placed in different positions along the road and changed in number over the one-week trial.
In addition, the cutouts are just one part of the program used to draw attention to speeding as an issue that affects children's safety. Students also used radar cameras and speed sentry trailers to remind drivers of their speed.
Following this, parents of the students signed 'Speed Limit Promises' and agreed to put a sticker on their car to make 'public' their committment to drive according to the speed limit.
Please see attached a summary of the program to date. The program has reduced the number of drivers speeding past the school by almost 50 per cent and longer-term changes are being monitored.
I appreciate your response and I find your reasoning sound. I do believe that it would be worth keeping a close eye on. But thank god you (unlike too many others) at least are trying to do something rational. Kudos to you!
IDEE ON LINE FOR DUMMIES
http://www.signonsandiego.com/uniontrib/20050410/news_1n10signs.html
28 ottobre 2010
Diario 2
1. Avvertire il neo presidente di una sedicente catena di circoli, club, promotori azzurri, che l'ex capo si sveglia ogni mattina e riceve dalla sua furbissima compagna (!) l'elenco aggiornato di quelli che lui chiama, essendo di quella pasta, "traditori". Le loro nerissime sagome, tali e quali a quelle di un tirassegno, sono state sparpagliate un po' su tutte le strade della politica. La futura candidatura alla presidenza della Regione è tutt'altro che cosa fatta.
2. Dire a Hons-el di andare a farsi un giro, dalle 13 in poi, in via Leopardi davanti alla stazione delle autocorriere. Potrà ricevere ricchi spunti dai ragazzi bivaccanti sulle panchine. Dopo le 20 si consiglia un analogo tour per suggerimenti più arditi. Nella pausa dall'1.00 (a.m.) alle 7.00 (a.m.), su richiesta può anche darsi all'azzardo. Già che è nella zona comprare l'autostazione e piazzare al primo piano un centro sociale che favorisca l'integrazione.
3. Districarsi tra gli scambisti di viale Pasolini e dintorni che dopo la marcia indietro sull'abbassamento delle luci nella zona dicono che non voteranno più per questa amministrazione.
4. Spezzare il cuore delle sagome.
2. Dire a Hons-el di andare a farsi un giro, dalle 13 in poi, in via Leopardi davanti alla stazione delle autocorriere. Potrà ricevere ricchi spunti dai ragazzi bivaccanti sulle panchine. Dopo le 20 si consiglia un analogo tour per suggerimenti più arditi. Nella pausa dall'1.00 (a.m.) alle 7.00 (a.m.), su richiesta può anche darsi all'azzardo. Già che è nella zona comprare l'autostazione e piazzare al primo piano un centro sociale che favorisca l'integrazione.
3. Districarsi tra gli scambisti di viale Pasolini e dintorni che dopo la marcia indietro sull'abbassamento delle luci nella zona dicono che non voteranno più per questa amministrazione.
4. Spezzare il cuore delle sagome.
KOSIC ADVENTURES
Se io faccio dire a un assessore esterno quello che dovrei dire io che sono molto interno le eventuali ire si abbattono sull'esterno che non ha nessun partito a cui spiegare perchè e percò. E allora lui dice quello che io vorrei dire ma che è meglio che non dica perchè altrimenti non si capisce che cosa ci sta a fare l'esterno che tra l'altro solo a vederelo ti si stringe il cuore. E allora alla fine quello che ha detto l'esterno è quello che avrebbe detto l'interno che, con una stretta al cuore, ammette che per fortuna l'esterno c'è. Discreta regia, buona interpretazione.
Pubblico ingrato
Fuggi fuggi ieri sera a teatro tra il primo e il secondo tempo. Il target udinese, non più giovanissimo e (quindi?) appassionato alla narrazione lineare, male ha retto Adriana Asti piantata in una zolla di sabbie inesorabilmente mobili. Dopo la soporifera versione impegnata della Locandiera, destino ancora più amaro per l'opera di Beckett sdoganato dal San Giorgio e dato in pasto al residuo pubblico tradizionalista del Nuovo ovvero del Teatro di Udine, ovvero del Giovanni, ovvero del Nuovo di Udine, ovvero del Nuovo di Giovanni. In fondo a destra venendo da via Treppo. Esattamente lì dove non dovrebbe esserci.
Prossimo appuntamento con l'opera dello sponsorizzatissimo e nuovo direttore artistico Cesare Lievi. Si segnala pubblico fremente.
Prossimo appuntamento con l'opera dello sponsorizzatissimo e nuovo direttore artistico Cesare Lievi. Si segnala pubblico fremente.
27 ottobre 2010
Cose fa fare
. "Quando la barca affonda i topi scappano". Parlarne con Saro, mandare dei fiori a Collino, non dire niente ad Asquini.
. Segnalare che una pagina di pubblicità su un quotidiano, uguale a una pagina che non è di pubblicità, non è una pagina di pubblicità. Vestirsi, all'uopo, in bianco e nero.
. Prendere nota degli incidenti stradali sventati grazie a easy foot. Evitare facili ironie.
. Avvertire il sindaco che se si facessero suonare le campane della chiesa di Santa Maria del Castello l'angelo, simbolo della città, crollerebbe. Fare un accordo con lo stadio Friuli.
. Non dire ai panciuti roditori residenti in via Gemona che potrebbero essere sfrattati. Non ci credono.
. Ricordarsi, in caso di ulteriori inaugurazioni di hospice già funzionati con posti letto occupati, di optare per uno small black dress. Assumere un aspetto contrito durante il "momento conviviale".
. .
26 ottobre 2010
Benvenuti a Chinatown, zona Magnolie.
Vengano gli amici, e gli amici degli amici di qui e di là a vedere come spunta e cresce chinatown. Che arrivino o partino in treno per poter fare due passi davanti alla stazione ferroviaria di Udine. E, se hanno appena un po' di dimestichezza con le piante e con i fiori, troveranno congruo che il quartiere sia definito "delle magnolie", splendide piante di conclamata origine cinese al punto che il loro fiore è quello che ufficialmente rappresenta la città di Shangai. Chissà se pensa a questo la comunità cinese che, porta dopo porta, sta occupando l'intera via Roma e le zone circostanti. Il gentile Bubir e il vispo Aziz che avevano inaugurato la globalizzazione di questa landa di città, se la devono vedere oggi con cumuli di riso (inutile chiedere un chilo, lì lo si vende in sacchi da 20), manufatti da baraccone, valige che non hanno nemmeno la forza di sembrare copie di più nobili originali. Quasi quasi viene nostalgia dei nordafricani, i primi colonizzatori della zona, adesso costretti a diventar minoranza dalle new entries del sol levante. In via della Rosta ci sono due stores di marchio cinese e un negozio di parrucchieri. Troppo vuoti per credere che siano lì per fare affari. L'equivoca sala giochi di via Leopardi che ha fatto spellare le mani alle madri di una moltitudine di generazioni, dapprima è stata integrata con innocenti tavoli da ping-pong (e dove se non lì!)che nottetempo sono stati inghittiti da furgoncini-fantasma per lasciar spazio a un abbozzo di casinò popolato di slot machines. Dirimpetto, un altro negozio di parrucchiere low cost. Dicono sia una catena con diramazioni fino in via Gemona. Sono aperti anche quando gli altri chiudono e, a richiesta, anche alla domenica. Tutto è così low cost che anche le case lo stanno diventando. I proprietari di appartamenti lasciati sfitti dagli indigeni non resistono alla tentazione di assegnarli alle nuove popolazioni che non chiedono ristrutturazioni, pagano puntualmente l'affitto perchè è suddiviso in una miriade di particelle quanti sono gli avventori. Non è degrado: è un nuovo mondo che subentra a quello antico. I "nuovi" chiudono uno occhio, e anche entrambi, sulle strade disastrate, i marciapiedi dissestati, le luci carenti. Se poi persiste, proprio davanti alla stazione, un edificio fatiscente da far paura, a loro poco importa. Tutto sommato, non è quella casa loro. Ci entrano ed escono topi di dimensioni piuttosto consistenti che, quando vogliono prendere un pò di fresco, se ne vanno in riva alla roggia. E' lì vicino ed è un buon habitat a poco prezzo. Si dice che nell'edificio in questione ci sia gente che entra e che esce dalle finestre. Povera gente che trova un miserevole riparo. Però è tremendamente chic farsi un giro da quelle parti per sentirsi global, internazionali, direi quasi democratici. Con 5 euro ci si sistema i capelli, con poco più si mangia kebab, con un po' meno si beve una birra analcolica (rispetto, ci vuole rispetto!), si compra una manciata di cianfrusaglia, niente riso (ma perchè mai lo si vorrebbe? e il sushi? come rinunciare al sushi? "stasera andiamo a farci un sushi", "ti dirò, io lo mangio con un buon bicchiere di bianco" ), ma si può cercare di far coincidere le susine della slot machine. Insomma, andare da quelle parti è "carino", ci si sente up to date e, se si è in giornata ok ci si può anche emozionare per il bimbetto di colore che parla in friulano come il coetaneo di Cerneglons. Il contesto non è uno splendore ma offre le opportunità che fornisce da sempre l'integrazione (da non confondersi con quella degli asili, elementari, medie e superiori delle cosiddette scuole internazionali dove vanno i figli dei sushi fans, altra musica).
Ad una ad una tutte le luci stanno diventando al neon con buona pace dell'amministrazione che certamente plaude alla green energy che, da quelle parti, sta virando al yellow con sfumature ad oggi imprevedibili.
Ad una ad una tutte le luci stanno diventando al neon con buona pace dell'amministrazione che certamente plaude alla green energy che, da quelle parti, sta virando al yellow con sfumature ad oggi imprevedibili.
27 agosto 2010
Paese che vai, Assessore che trovi
Ben 1300 eventi titolati "Festival" vengono promossi ogni anno in Italia con 9milioni complessivi di visitatori, in prevalenza di sesso femminile, 60% laureati, con forte propensione ai consumi culturali tradizionali (libri e teatro) e la tendenza a partecipare in gruppo. Ma il Vasto Film non c'entra niente
La formula festival negli ultimi decenni ha conosciuto uno sviluppo eccezionale, attirando l'attenzione di media, professionisti della cultura e del turismo, studiosi e ricercatori. Ma che cos'è un festival?
A dare una prima risposta ai tanti quesiti che ancora oggi ci sono sul fenomeno, è stato Guido Guerzoni, docente di Economia e management delle istituzioni culturali all'Università Bocconi e di Economia dello Spettacolo allo Iuav di Venezia. A lui è stata affidata l'indagine "Effettofestival. L'impatto economico dei festival di approfondimento culturale", edita da Strumenti e voluta dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, presentata l’altra sera a Milano, al Circolo della Stampa. All'incontro, oltre a Guerzoni, hanno partecipato: Marco Cammelli, presidente della Commissione Beni Culturali dell'Acri e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Giulia Cogoli, direttore del Festival della Mente di Sarzana (La Spezia), Gian Arturo Ferrari, direttore generale della Divisione Libri del Gruppo Mondadori, Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, Matteo Melley, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, il quale ha sottolineato l'importanza del tema per le Fondazioni bancarie.
A ribadire il cambiamento del ruolo di queste ultime, che da semplici erogatori stanno entrando nel vivo della progettazione culturale, sono stati gli stessi presidenti, che hanno ricordato come le stesse ogni anno erogano all'incirca mezzo miliardo di euro, parte dei quali è destinata alla produzione di mostre ed eventi culturali.
Malgrado non sia stata ancora elaborata una chiara definizione di festival, nel corso del tempo il format si è ritagliato un suo profilo. Si tratta di una manifestazione che ha una continuità storica, con un preciso tema culturale, con eventi concentrati in un tempo e luogo precisi, appositamente concepiti per un pubblico non specialistico. Insomma, la scrematura da fare a riguardo è tanta. Basti pensare che, basandosi su questi parametri, Guerzoni tra tutti i cosiddetti festival, ne ha presi in considerazione 27.
"L'offerta si è talmente allargata che è arrivato il momento di fare una cernita e difendersi da chi si improvvisa" ha sottolineato il docente. "L'analisi di impatto - che tiene in considerazione gli effetti, sociali, culturali, economici, fiscali, occupazionali, ambientali e immobiliari - è fondamentale ora che ai finanziatori pubblici si affiancano sponsor privati. Se un festival funziona, il ritorno c'è." Eccome. Basti prendere in considerazione i dati inerenti il contributo offerto dai festival alle economie locali. Mantova e Sarzana in primis. La case history del Festival della Mente di Sarzana (quest'anno alla 5° edizione) dimostra che lo scorso anno con 31mila presenze monitorate, partendo da un investimento di 480mila euro l'impatto economico valutato è stato di 4 milioni circa. Un successo dettato da tanti fattori, ma soprattutto dalla qualità dei contenuti e dalla professionalità e dall'esperienza degli organizzatori.
"Per la buona riuscita di un Festival - ha sottolineato Giulia Cogoli - non ci si può improvvisare. Bisogna nascere piccoli per crescere. È necessario radicarsi sul territorio, lavorare sul tessuto urbano. Se non c'è unione e collaborazione con le realtà cittadine, ci si perde per strada."
E il libro, gli editori cosa c'entrano in tutto questo? "Molto. Malgrado l'era virtuale non dobbiamo sottovalutare questo antico mezzo di comunicazione che rimane ancora oggi il principale prodotto di consumo culturale italiano, seguito con ampio margine da video, cinema e musica" ribadisce Stefano Mauri. "In Italia, negli ultimi dieci anni," ha proseguito Gian Arturo Ferrari "è aumentata la familiarità con i libri, anche se ben due terzi della popolazione adulta non ha alcun rapporto con esso. Il libro è un bene ricercato da una minoranza esigua della popolazione, ma malgrado questo l'Italia detiene il 4° posto nel mercato europeo del libro e il 6° mondiale."
La formula festival negli ultimi decenni ha conosciuto uno sviluppo eccezionale, attirando l'attenzione di media, professionisti della cultura e del turismo, studiosi e ricercatori. Ma che cos'è un festival?
A dare una prima risposta ai tanti quesiti che ancora oggi ci sono sul fenomeno, è stato Guido Guerzoni, docente di Economia e management delle istituzioni culturali all'Università Bocconi e di Economia dello Spettacolo allo Iuav di Venezia. A lui è stata affidata l'indagine "Effettofestival. L'impatto economico dei festival di approfondimento culturale", edita da Strumenti e voluta dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, presentata l’altra sera a Milano, al Circolo della Stampa. All'incontro, oltre a Guerzoni, hanno partecipato: Marco Cammelli, presidente della Commissione Beni Culturali dell'Acri e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Giulia Cogoli, direttore del Festival della Mente di Sarzana (La Spezia), Gian Arturo Ferrari, direttore generale della Divisione Libri del Gruppo Mondadori, Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, Matteo Melley, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, il quale ha sottolineato l'importanza del tema per le Fondazioni bancarie.
A ribadire il cambiamento del ruolo di queste ultime, che da semplici erogatori stanno entrando nel vivo della progettazione culturale, sono stati gli stessi presidenti, che hanno ricordato come le stesse ogni anno erogano all'incirca mezzo miliardo di euro, parte dei quali è destinata alla produzione di mostre ed eventi culturali.
Malgrado non sia stata ancora elaborata una chiara definizione di festival, nel corso del tempo il format si è ritagliato un suo profilo. Si tratta di una manifestazione che ha una continuità storica, con un preciso tema culturale, con eventi concentrati in un tempo e luogo precisi, appositamente concepiti per un pubblico non specialistico. Insomma, la scrematura da fare a riguardo è tanta. Basti pensare che, basandosi su questi parametri, Guerzoni tra tutti i cosiddetti festival, ne ha presi in considerazione 27.
"L'offerta si è talmente allargata che è arrivato il momento di fare una cernita e difendersi da chi si improvvisa" ha sottolineato il docente. "L'analisi di impatto - che tiene in considerazione gli effetti, sociali, culturali, economici, fiscali, occupazionali, ambientali e immobiliari - è fondamentale ora che ai finanziatori pubblici si affiancano sponsor privati. Se un festival funziona, il ritorno c'è." Eccome. Basti prendere in considerazione i dati inerenti il contributo offerto dai festival alle economie locali. Mantova e Sarzana in primis. La case history del Festival della Mente di Sarzana (quest'anno alla 5° edizione) dimostra che lo scorso anno con 31mila presenze monitorate, partendo da un investimento di 480mila euro l'impatto economico valutato è stato di 4 milioni circa. Un successo dettato da tanti fattori, ma soprattutto dalla qualità dei contenuti e dalla professionalità e dall'esperienza degli organizzatori.
"Per la buona riuscita di un Festival - ha sottolineato Giulia Cogoli - non ci si può improvvisare. Bisogna nascere piccoli per crescere. È necessario radicarsi sul territorio, lavorare sul tessuto urbano. Se non c'è unione e collaborazione con le realtà cittadine, ci si perde per strada."
E il libro, gli editori cosa c'entrano in tutto questo? "Molto. Malgrado l'era virtuale non dobbiamo sottovalutare questo antico mezzo di comunicazione che rimane ancora oggi il principale prodotto di consumo culturale italiano, seguito con ampio margine da video, cinema e musica" ribadisce Stefano Mauri. "In Italia, negli ultimi dieci anni," ha proseguito Gian Arturo Ferrari "è aumentata la familiarità con i libri, anche se ben due terzi della popolazione adulta non ha alcun rapporto con esso. Il libro è un bene ricercato da una minoranza esigua della popolazione, ma malgrado questo l'Italia detiene il 4° posto nel mercato europeo del libro e il 6° mondiale."
NO BRAND NO MONEY
Dopo aver letto la levata di scudi dell’Assessore locale contro la spettacolarizzazione della cultura bisognerebbe far sapere al vispissimo sindaco di Firenze Renzi, a quello saggio di Torino Chiamparino, all’audace Vincenzi di Genova e, perché no, all’innovativo governatore pugliese Vendola e all’immarcescibile Dellai del Trentino, tanto per restare in un’area politica omologa, che il brand del territorio è, dalle nostra parti, carta straccia. Così come sono peregrine le idee che hanno portato le amministrazioni di tutta Italia (maestre quelle francesi e tedesche) a fare a gara per inventarsi eventi che più spettacolari non si può per finire sui giornali e sulle televisioni e attrarre spettatori perché, volenti o meno, funziona così.
Mal gliene incolse quindi a Mantova che invece di darsi al gonzaghismo spinto si è buttata sulla letteratura facendo arrivare in città qualche centinaia di migliaia di visitatori per ascoltare un Barrico o un Yehoshua qualsiasi. O a Sarzana, un cittadina ligure nello spotlight per il fatto di saper trascinare ogni anno nella fortezza sin lì sottoutilizzata, filosofi (e ascoltatori) da tutto il mondo per discutere, mangiando la sfarinata, le possibili sorti dello stesso. Per non parlare della Valle d’Itria che sarebbe un cumulo di trulli e masserie fatiscenti (sul mercato oggi da 3 mila euro a mq) se non avessero considerato di portarvi le maggiori orchestre del mondo ad eseguire Verdi, di mettere gli Steinway nei cortili, i violini nei vicoli e dibattiti e incontri, letture e danze, a ogni angolo delle case bianche. Senza andar troppo lontano, nemmeno Pordenone sarebbe uscita dal cono d’ombra della Zanussi-Elettrolux se non ci fosse stata l’intuizione di portare in corso Garibaldi Avoledo e celebrities come il sommo Philip Roth e un festival del cinema muto di cui si discetta in tutto il mondo. Che questo paese sia quindi impazzito? Quale delirio spinge amministratori, associazioni e privati a promuovere festival ed eventi che, inevitabilmente, a un certo punto mostreranno la corda, come giustamente prevede il Nostro Amministratore, e che richiederanno un ulteriore sforzo creativo per mantenere la loro attrattività?
E’ che nell’aria, da tempo, aleggia una tendenza cupa globalizzata (non è una parolaccia) che porta anche i ragazzini a messaggiarsi per incontrarsi nei centri commerciali, che svuota le città a favore di non-luoghi che appaiono e scompaiono, che rende poco divertenti i mercatini delle pulci, che invita a vedere le partite solo in TV o ad andare solo dove sono previste 100 mila presenze.
Questo succede, e per porre rimedio all’ andazzo che distrugge, tra l’altro, quel settore non proprio irrilevante che è il terziario, nel Mondo (quel posto, per intenderci, a portata di clic) ci si sta attrezzando per cercare di invertire la rotta considerato che le madonne sui duomi e le piazze con i portici non sono più sufficienti a intercettare pubblico e/o utenti che sono i soggetti che, alla fin fine, producono quell’utile sterco del diavolo con il quale si comprano anche borsette di Hermes, t-shirt di Zara, libri di Guy Debord, biglietti per i concerti di Satie e le pieces di HÖlderlin.
I più mattacchioni tra i pubblici amministratori, quelli sventati e irresponsabili, si sono così messi a pensare al marketing (farsi illuminare, please, da quelli citati in apertura) per compiere quel misfatto irriverente che è la “vendita” del loro territorio che, dio mi perdoni, è visto come un prodotto che, in quanto tale, deve avere un brand, un marchio. Qualcosa per intenderci (da Kotler all’indimenticabile Gianpaolo Fabris, mi si permetta la banalizzazione) simile alla Coca Cola o alla Nike che si comprano perché danno più fiducia (ci piacciono) rispetto ai prodotti concorrenti. Il brand, l’identità unica e competitiva di una città, non si costruisce con un evento ma questo può essere un punto di partenza, uno strumento per creare un progetto da implementare e valorizzare con idee, comunicazione, creatività per posizionare la città internamente e a livello internazionale come una buona destinazione per il commercio, il turismo e, perché no, gli investimenti.
In poche parole, per attivare – si badi bene - un processo culturale che attribuisca un significato anche economico a tutte quelle componenti immateriali che compongono la nostra storia (in America quei birbanti la chiamano show) e il nostro presente e che rischiano seriamente di finire, se non lo sono già, sotto quegli strati di polvere accuditi con amore dai sacerdoti del démodé snob-business.
Per approfondire
http://www.festivaldellamente.it/effetto_festival.asp
Mal gliene incolse quindi a Mantova che invece di darsi al gonzaghismo spinto si è buttata sulla letteratura facendo arrivare in città qualche centinaia di migliaia di visitatori per ascoltare un Barrico o un Yehoshua qualsiasi. O a Sarzana, un cittadina ligure nello spotlight per il fatto di saper trascinare ogni anno nella fortezza sin lì sottoutilizzata, filosofi (e ascoltatori) da tutto il mondo per discutere, mangiando la sfarinata, le possibili sorti dello stesso. Per non parlare della Valle d’Itria che sarebbe un cumulo di trulli e masserie fatiscenti (sul mercato oggi da 3 mila euro a mq) se non avessero considerato di portarvi le maggiori orchestre del mondo ad eseguire Verdi, di mettere gli Steinway nei cortili, i violini nei vicoli e dibattiti e incontri, letture e danze, a ogni angolo delle case bianche. Senza andar troppo lontano, nemmeno Pordenone sarebbe uscita dal cono d’ombra della Zanussi-Elettrolux se non ci fosse stata l’intuizione di portare in corso Garibaldi Avoledo e celebrities come il sommo Philip Roth e un festival del cinema muto di cui si discetta in tutto il mondo. Che questo paese sia quindi impazzito? Quale delirio spinge amministratori, associazioni e privati a promuovere festival ed eventi che, inevitabilmente, a un certo punto mostreranno la corda, come giustamente prevede il Nostro Amministratore, e che richiederanno un ulteriore sforzo creativo per mantenere la loro attrattività?
E’ che nell’aria, da tempo, aleggia una tendenza cupa globalizzata (non è una parolaccia) che porta anche i ragazzini a messaggiarsi per incontrarsi nei centri commerciali, che svuota le città a favore di non-luoghi che appaiono e scompaiono, che rende poco divertenti i mercatini delle pulci, che invita a vedere le partite solo in TV o ad andare solo dove sono previste 100 mila presenze.
Questo succede, e per porre rimedio all’ andazzo che distrugge, tra l’altro, quel settore non proprio irrilevante che è il terziario, nel Mondo (quel posto, per intenderci, a portata di clic) ci si sta attrezzando per cercare di invertire la rotta considerato che le madonne sui duomi e le piazze con i portici non sono più sufficienti a intercettare pubblico e/o utenti che sono i soggetti che, alla fin fine, producono quell’utile sterco del diavolo con il quale si comprano anche borsette di Hermes, t-shirt di Zara, libri di Guy Debord, biglietti per i concerti di Satie e le pieces di HÖlderlin.
I più mattacchioni tra i pubblici amministratori, quelli sventati e irresponsabili, si sono così messi a pensare al marketing (farsi illuminare, please, da quelli citati in apertura) per compiere quel misfatto irriverente che è la “vendita” del loro territorio che, dio mi perdoni, è visto come un prodotto che, in quanto tale, deve avere un brand, un marchio. Qualcosa per intenderci (da Kotler all’indimenticabile Gianpaolo Fabris, mi si permetta la banalizzazione) simile alla Coca Cola o alla Nike che si comprano perché danno più fiducia (ci piacciono) rispetto ai prodotti concorrenti. Il brand, l’identità unica e competitiva di una città, non si costruisce con un evento ma questo può essere un punto di partenza, uno strumento per creare un progetto da implementare e valorizzare con idee, comunicazione, creatività per posizionare la città internamente e a livello internazionale come una buona destinazione per il commercio, il turismo e, perché no, gli investimenti.
In poche parole, per attivare – si badi bene - un processo culturale che attribuisca un significato anche economico a tutte quelle componenti immateriali che compongono la nostra storia (in America quei birbanti la chiamano show) e il nostro presente e che rischiano seriamente di finire, se non lo sono già, sotto quegli strati di polvere accuditi con amore dai sacerdoti del démodé snob-business.
Per approfondire
http://www.festivaldellamente.it/effetto_festival.asp
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